Uptodown: uno store di applicazioni a prova di futuro. Ma come funziona?

Uptodown è un store di app con un vastissimo catalogo di giochi e software, in procinto di decollare grazie alle nuove regole della Comunità Europea.

Uptodown: uno store di applicazioni a prova di futuro. Ma come funziona?
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Uptodown è uno store di app alternativo con un vastissimo catalogo, che grazie al Digital Markets Act - una vera rivoluzione in termini di distribuzione delle app sul mercato europeo - vede ora sorgere nuove possibilità e benefici per sviluppatori e utenti (e ve ne abbiamo parlato nel provato dell'Huawei Mate 30 Pro). Di questo importante regolamento anti trust e della storia della compagnia, così come del suo operato e della sua filosofia, abbiamo parlato col CEO di Uptodown: Luis Hernández. Tra le sfide affrontate dallo store e i suoi standard di sicurezza, e il supporto che offre ai dev, vi lasciamo alle sue parole.

Nascita, sviluppo, sfide e filosofia di Uptodown

Everyeye.it: Di cosa si occupa esattamente Uptodown? Quale è la sua mission?
Luis Hernández: Uptodown è uno store di app con più di 20 anni alle spalle. Abbiamo cominciato come marketplace multipiattaforma, ma ormai è più di un decennio che ci siamo specializzati in Android, dedicandoci all'ecosistema mobile per offrire un'alternativa alle grandi compagnie che, fino ad ora, hanno monopolizzato il mercato della distribuzione di app. La nostra missione è quella di riportare il controllo dei dispositivi dove deve essere: nelle mani degli utenti. Non in quelle dei produttori, dei sistemi operativi o degli store.

Ad Uptodown lavoriamo per migliorare l'esperienza dello scaricare e installare app, senza che ciò possa in qualche modo violare il rispetto della vostra privacy. Non avete bisogno di un account e garantiamo massima copertura al catalogo delle app: se un'app esiste, la trovate su Uptdown, secondo gli standard correnti del web e per il principio che ciascuno abbia il diritto di decidere da quale fonte ottenere le applicazioni. Col raggiungimento di 130 milioni di utenti mensili attivi in tutto il mondo quest'anno e migliaia di sviluppatori che pubblicano il loro software con noi, siamo ormai certi che un app store indipendente come Uptodown abbia senso.

Everyeye.it: Uptodown è stata fondata nel 2002: potresti ripercorrerne il viaggio sino a oggi? E quali sono stati i momenti chiave per la compagnia e le sue attività?

Luis Hernández: Abbiamo sempre cercato di crescere in maniera organica, adattandoci ai bisogni del mercato che si sta trasformando ed evolvendo a grande velocità. Mentre le nostre origini si trovano nel downloading del software da desktop, il grande salto è arrivato quando ci siamo concentrati sulla piattaforma Android, nell'aprile del 2011. Durante quell'anno, il nostro traffico dai dispositivi mobile era meno del 2%, includendo terminal iOS, Symbian e Blackberry. Poco dopo, l'85% dei nostri utenti è arrivato dai dispositivi mobile.

Nel 2017 il nostro traffico è schizzato alle stelle, superando 70 petabyte di dati trasferiti nel corso di quel solo anno. Il ranking di Alexa ci ha posizionato tra i 100 siti più visitati al mondo e, in breve, abbiamo fatto un vero balzo in termini di riconoscibilità mediatica, che ha spinto developer più rilevanti come Tencent, MiHoyo o Microsoft stessa a decidere di pubblicare le rispettive app su Uptodown. Un'altra milestone di primo piano è stata la nostra collaborazione con Unity Technologies. Sin da marzo 2020, Uptodown è stato integrato con Unity Distribution Portal - il suo assistente al game publishing su app store alternativi - così tutti gli sviluppatori che lo sfruttano possono facilmente pubblicare le loro creazioni su Uptodown.

Everyeye.it: Fino ad ora, quello esercitato da Google e Apple in materia di distribuzione delle app è stato un vero monopolio: quali sfide avete incontrato per affermarvi al netto di queste limitazioni?

Luis Hernández: Uptodown, il primo store alternativo, ha solo il 2% di market share di Google Play. È una sfida che ci motiva, un po' come se vivessimo la storia di Davide contro Golia. I cosi definiti "gatekeeper" del settore impongono una serie di policy arbitrarie basate sui loro interessi, visto che controllano l'hardware, il sistema operativo, l'advertising, le ricerche, e anche i contenuti, attraverso i loro stessi store, così come ogni altro servizio che promuovono sulle loro piattaforme, Google con Android e Apple con iOS. Questo ha significato che nel corso degli anni abbiamo incontrato continui ostacoli nel permettere agli utenti di scegliere la fonte da cui volevano scaricare le app.

Uptodown rompe questo duopolio liberando gli utenti da ogni limitazione. Non richiede registrazioni e lo store può essere utilizzato direttamente da qualsiasi browser web. Non ci sono restrizioni di dispositivi, piattaforme e regioni. In alcuni paesi, questo è quasi uno shock culturale perché sin da quando Google Play e App Store sono stati avviati, hanno come instillato nell'utenza l'idea che qualsiasi download da fonti esterne fosse pericoloso e che i servizi preinstallati sui nostri device fossero (necessariamente) quelli da utilizzare.

Il tempo ha mostrato che i prodotti disponibili nei loro store hanno continui problemi di sicurezza, per non menzionare il veto su specifiche app per delle loro feature non allineate alle policy di queste grandi compagnie. Tutto questo può e deve essere cambiato. Ci stiamo avvicinando sempre più a un cambio del ciclo nell'ecosistema di distribuzione di software per mobile.

Monetizzazione, sicurezza, sviluppatori e Digital Markets Act

Everyeye.it: Come funziona il vostro sistema di monetizzazione?

Luis Hernández: Il sistema di monetizzazione di Uptodown si concentra esclusivamente sul web advertising. Visto il nostro elevato volume di traffico possiamo mantenere un buon margine di profitto senza compromettere i nostri servizi. Ciò significa che il download o la pubblicazione di app su Uptodown sono completamente gratuiti, senza clausole di esclusività. A differenza di altri store, non richiediamo la registrazione per il download delle app da Uptodown. In tal modo possiamo restare indipendenti e neutrali in ogni senso, offrire un servizio basato sulla trasparenza.

Per quanto concerne la nostra relazione coi dev, non richiediamo l'integrazione di alcun SDK, né facciamo alcun profitto diretto dagli add o dagli acquisti in-app che loro decidono di integrare. Sono completamente liberi di implementare qualsiasi sistema di monetizzazione vogliano, finché questi sono sicuro e accettati dall'utenza. Solo se decidessero di utilizzare il menzionato servizio di Unity Distribution Portal sarebbero in grado di sfruttare il metodo di pagamento che abbiamo implementato assieme a Banco Santander, una delle istituzioni finanziare più grandi al mondo. In questo caso, il margine di profitto per lo sviluppatore sarebbe dell'80%, uno dei più profittevoli attualmente disponibili sul mercato.

Everyeye.it: Quanto incide il segmento del gaming sul vostro fatturato? E sul monte dei download?
Luis Hernández: Attualmente, i videogame rappresentano circa il 40% del nostro traffico totale, quindi li consideriamo una parte fondamentale del nostro app store. In relazione alle vendite, è più facile monetizzare coi videogiochi in un mercato mobile dominato dal format freemium.

Everyeye.it: Quali tecnologie e policy utilizzate per verificare la sicurezza delle applicazioni scaricabili?

Luis Hernández: Abbiamo due livelli per tenere il nostro catalogo sicuro e affidabile. In primis, il nostro content team supervisiona manualmente tutti i nuovi prodotti che entrano nel nostro catalogo. Detto questo, visti i volumi che gestiamo - attualmente abbiamo 1,4 milioni di file pubblicati e centinaia di aggiornamenti ogni giorno - collaboriamo col servizio VirusTotal per analizzare tutti i file che ospitiamo con più di 70 scanner antivirus, offrendo inoltre un report completo con ogni download, in modo che gli utenti sappiano esattamente cosa stanno scaricando.

Combinare automazione e lavoro umano in questa massiccia attività di gestione è la chiave per offrire un servizio con garanzie. Per le nostre policy legate al publishing, chiaramente non supportiamo app modificate, quindi tutti i file sono completamente originali e arrivano direttamente dalla release pubblicata dagli sviluppatori. Tutte le informazioni tecniche dei file sono anche pubbliche e consultabili. Vantiamo inoltre stretti criteri di pubblicazione che devono essere rispettati dai dev, incluse le restrizioni su qualsivoglia tipo di pratiche proibite o dannose.

Everyeye.it: Quale è il vostro rapporto con gli sviluppatori di app? E in che modo la visione di Uptodown può fornire loro supporto?

Luis Hernández: Attualmente disponiamo di più di 36.000 app registrate sulla nostra piattaforma di publishing. Nella maggior parte dei casi gli sviluppatori ci contattano quando realizzano il nostro potenziale. Siamo infatti tra i pochi store che in aggiunta ad avere un'app nativa dispongono di una pagina web da cui gli utenti possono effettivamente scaricare le app. Questo significa che i motori di ricerca sono la nostra principale fonte di acquisizione di traffico.

Siamo sempre tra i primi risultati di ricerca sul web, quindi possiamo massimizzare la visibilità delle app realizzate dagli sviluppatori, in un mondo che non è assolutamente comune in molti paesi. Come ho detto prima è una questione di cultura e di abitudini. Google e Apple hanno sempre optato per mantenere isolati i rispettivi ambienti proprietari. Quando gli sviluppatori lo realizzano e si aprono alla distribuzione sul web tramite noi, vedono aprirsi un mondo di possibilità di fronte a loro.

Everyeye.it: L'entrata in vigore del Regolamento Europeo sui Mercati Digitali comporterà dei vantaggi, per voi e per l'utenza stessa. Puoi parlarci di queste nuove possibilità?

Luis Hernández: Il Digital Markets Act andrà finalmente a cambiare il modo in cui gli utenti scaricano e fruiscono di app. Stimiamo che dopo la sua implementazione, tra il 15 e il 20% di user europei - appena oltre i 400 milioni secondo i report di GSMA - inizieranno a usare app store alternativi, con Uptodown che sarà la prima scelta per molti di loro. I "Gatekeeper" saranno obbligati a facilitare il download di software da store non ufficiali per ciascuna piattaforma, principalmente perché questa natura ufficiale è un miraggio: gli utenti devono poter decidere dove e come scaricare app sui loro dispositivi.

In generale i nuovi provvedimenti avranno numerose implicazioni positive, dal poter liberarsi dei bloatware che arrivano preinstallati sugli handset venduti in Europa, scegliendo quali servizi usare di default (browser, motore di ricerca, app store), fino al poter offrire sistemi alternativi di pagamento per gli acquisiti in-app, che non implicano il dover attraversare i portali delle parti interessate. In ogni caso, le grandi compagnie hanno diversi mesi per implementare i cambiamenti necessari nelle loro infrastrutture. Per la prima volta nella sua storia, la nuova versione del sistema operativo iOS permetterà agli utenti europei di scaricare app sui loro dispositivi da altri store. Il cambiamento sta partendo in Europa, ma le sue ramificazioni si faranno sentire nel resto del mondo in futuro.

Everyeye.it: Di recente sei stato invitato al Parlamento Europeo per riflettere sull'impatto positivo del Digital Markets Act. Puoi parlarci di questo importante appuntamento?

Luis Hernández: Sul fronte esecutivo, abbiamo partecipato al lavoro della Commissione Europea per implementare il Digital Markets Act. In particolare, abbiamo partecipato ai dibattiti e inviato report per aiutare ad assicurare l'interoperabilità tra piattaforme entro la distribuzione di app mobile, la difesa dell'uso degli standard dalle grandi compagnie di tech, e la difesa della libertà nel realizzare contenuti su altri store.

In termini di azione politica, abbiamo potuto incontrare i rappresentanti del Parlamento Europeo per affermare la nostra posizione sulla necessità di rispettare i principi della device neutrality - similmente a quelli della net neutrality sul finire dei '90 - e la protezione del diritto di scegliere la sorgente delle nostre app, che è stata una costante durante gli ultimi 60 anni di computing, e che adesso Google e Apple vogliono "venderci" come una minaccia.

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