Videogiochi: differenze tra studi di sviluppo first, second e third party

Si sente spesso parlare di videogiochi sviluppati da studi di prime, secondo e terze parti. Ma cosa vogliono dire esattamente questi termini?

Videogiochi: differenze tra studi di sviluppo first, second e third party
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L'industria videoludica è in un settore in continua crescita, con nuovi studi che ogni giorno si affacciano su un panorama sempre più ampio e articolato. Non deve quindi stupire che l'inserimento in questo tipo di mercato - di per sé assai complesso - avvenga a volte con dinamiche oscure per i non addetti ai lavori. "È un titolo esclusivo per PlayStation 5?", "Lo potrò trovare anche su Game Pass?" sono domande che ricorrono frequentemente di fronte all'uscita di un videogioco, e sottendono la necessità più o meno generalizzata di orientarsi tra i grovigli aziendali di un mercato tripartito tra sviluppatori, editori e case produttrici di console.

L'esclusività di un titolo è del resto divenuta via via un fattore sempre più preponderante - quando non divisivo - nel dibattito videoludico. Testimone ne è il fatto che proprio sul fronte dell'esclusività si siano mosse le grandi realtà di Sony e Microsoft, la prima facendo un'attenta selezione dei team con cui collaborare e investendo su di essi, la seconda imperante nell'acquisizione di studi talentuosi e realtà storiche come il gruppo ZeniMax, col fine ultimo di arricchire la propria offerta.

Anche Nintendo, d'altro canto, si avvale di molteplici collaborazioni con team di sviluppo interni ed esterni, ma operando una distinzione ancora più capillare nella gestione delle sue divisioni, che si discosta non poco dal modello degli altri platform owner. E d'altronde la casa di Kyoto persegue ormai una strada tutta sua, quella della portabilità, un espediente che le ha permesso di sottrarsi al confronto innescato dal salto generazionale, lasciando un tale onere agli altri - difficilmente inquadrabili come diretti rivali.

Differenze di approccio che, se non altro, suggeriscono la misura di quanto possa considerarsi sfaccettato il panorama videoludico nella sua dimensione economico-aziendale. Distinguere gli studi interni dai cosiddetti second party, e saper interpretare l'esclusività di alcune produzioni, è quanto mai necessario oggigiorno per potersi dire capaci di un acquisto consapevole. Tuttavia, imparare il "glossario aziendale" potrebbe risultare una pratica tutt'altro che agevole ed è per questo motivo che abbiamo deciso di fare un po' di chiarezza in merito, prendendo in esame questa next-gen e ripercorrendone le tappe salienti (facendo anche qualche passo indietro all'occorrenza).

Proprietà intellettuale tra publisher e sviluppatore

Senza addentrarci in un'oceano di tecnicismi - non è nostra intenzione propinarvi una lezione di diritto privato - occorre prima di tutto stabilire che cosa si intenda con l'espressione "proprietà intellettuale", e come questa venga considerata dalle varie figure aziendali che compongono il panorama dell'industria videoludica.

Con proprietà intellettuale - spesso abbreviata in IP - si identificano i frutti di un lavoro creativo e non materiale, quindi artistico. I videogiochi, in quanto opere nate dall'ingegno, rientrano in questa definizione che permette dunque al medium di essere tutelato dal diritto d'autore.

Quando sviluppatore e publisher coincidono - si pensi alla serie Far Cry, oppure Assassin's Creed - i diritti sulle relative IP appartengono totalmente alla software house, in questo caso Ubisoft. Tuttavia, è possibile che un team di sviluppo si rivolga a un editore esterno per la pubblicazione di un videogioco, come ad esempio FromSoftware che per la serie Dark Souls si è avvalsa della collaborazione con Namco Bandai.

In questo scenario, inoltre, il publisher designato potrebbe anche essere una casa produttrice di console, come nel caso di Nintendo per Game Freak, gli autori di Pokémon. In entrambe le situazioni i diritti sulle IP sono soggetti ai termini contrattuali della partnership tra publisher e sviluppatore, i quali decidono in che misura spartirseli, oltre a stabilire le strategie di marketing tra indagini di mercato e aspetti pubblicitari.

First party

Spesso definiti più semplicemente team interni, i first party sono quegli studi che lavorano alle dipendenze di una determinata casa produttrice di console e di cui quest'ultima possiede le azioni (totalmente o in misura superiore al 51%). Essi sviluppano internamente all'ambiente della casa produttrice, la quale - in qualità di publisher - ne finanzia le attività e può dar loro direttive specifiche.

Anche la gestione del marketing e tutto ciò che concerne l'apparato comunicativo fanno capo alla compagnia madre, che in genere detiene i tutti diritti sulle IP. Nel caso di Sony i team first party sono quelli che riempiono le fila dei PlayStation Studios, il gruppo fondato nel settembre del 2005 - inizialmente con il nome di SIE Worldwide Studios - allo scopo di produrre titoli di qualità esclusivi per le piattaforme della casa di Tokyo.

Tra i più noti troviamo Naughty Dog, conosciuti per aver prodotto blockbuster del calibro di Uncharted e The Last of Us; Santa Monica Studio, autori della mai troppo elogiata saga di God of War; Sucker Punch, lo studio dietro Ghost of Tsushima, e Guerrilla Games, il team padre della serie Killzone, reinventatosi poi con Horizon Zero Dawn, del quale si attende con ansia il sequel Forbidden West. Nel percorso next-gen tratteggiato da Sony è possibile ravvisare come produzioni first party Marvel's Spider-man: Miles Morales e Ratchet & Clank: Rift Apart, entrambi a opera di Insomniac Games e Astro's Playroom, sviluppato dal Team Asobi, nato come divisione di Japan Studio.

Per quanto riguarda Microsoft, i team da considerarsi interni sono - analogamente - quelli che compongono la scuderia degli Xbox Game Studios, nel cui novero sono andate ad aggiungersi non poche realtà produttive con l'acquisizione del gruppo ZeniMax da parte di Microsoft. Tra gli studi first party abbiamo infatti gli storici 343 Industries, legati a doppio filo con la principale icona della divisione gaming di Microsoft, Halo; Playground Games, autori di Fable e Forza Horizon; The Coalition, che hanno ben interpretato la formula del TPS a coperture con Gears of War; oltre ad una vera e propria fucina di talenti portata in dote da Bethesda.

Tra le recenti pubblicazioni possiamo dunque trovare come titoli first party Microsoft Flight Simulator, Gears Tactics (anche se lo sviluppo ha visto la collaborazione tra The Coalition e il team esterno Splash Damage) e Psychonauts 2 (avete già letto la nostra recensione di Psychonauts 2?).

C'è però una sfumatura diversa nella politica di Microsoft in materia di esclusività. Il colosso di Redmond, infatti, attraverso il suo sistema di Smart Delivery, non punta tanto a rendere i suoi titoli esclusivi, quanto più a garantirne la disponibilità immediata su tutte le piattaforme che ospitano il Game Pass (e cioè, oltre alle console della famiglia Xbox, anche il PC e i dispositivi mobile con XCloud), valorizzando di fatto un servizio cross generazionale anziché i singoli titoli in esso contenuti. E del resto l'esclusività dei first party non è sempre assoluta e imprescindibile.

Lo dimostra l'avvento di Psychonauts 2 sulle console di Sony; una scelta voluta da Double Fine - con il beneplacito del colosso americano - per non fare torto ai partecipanti alla raccolta fondi avvenuta all'alba del processo di sviluppo. E prima ancora MLB The Show 21, il gioco di baseball sviluppato dallo studio interno di Sony, SIE San Diego, e approdato anche sulle console di Microsoft al day one (con tanto di inclusione nel Game Pass).

Nella fattispecie sembrerebbe che la Major League Baseball abbia imposto alla casa di Tokyo la non esclusività in cambio dei diritti per pubblicare il titolo sulla propria piattaforma. In questo caso, infatti, la versione per Xbox non è stata prodotta dallo studio interno di Sony, ma da MLB Advanced Media, un team affiliato alla compagnia di baseball. In ultimo, anche l'approdo delle esclusive PlayStation su PC è indicativo di come l'azienda possa decidere liberamente le sorti delle sue IP, come nel caso Days Gone e Horizon Zero Dawn.

Second party

La principale differenza tra team first party e team second party sta nel fatto che quest'ultimi non sono proprietà di una compagnia del mercato console. Gli studi di sviluppo second party, infatti, non lavorano alle dipendenze di una casa produttrice, ma - in virtù di accordi presi con la stessa - sviluppano videogiochi (o serie di videogiochi) esclusivamente per le sue piattaforme.

Anche qui, infatti, l'azienda figura come publisher e quindi finanzia lo sviluppo del titolo (oltre a gestirne la comunicazione), ma non è detto che ne possieda i diritti sulla proprietà intellettuale. Un esempio eclatante, a tal riguardo, può essere quello di Detroit: Become Human, titolo sviluppato da Quantic Dreams in esclusiva per Sony, ma pubblicato anche su PC quando, al termine dell'accordo, il team francese (proprietario dell'IP) decise di inserire il gioco nel catalogo di Steam. La collaborazione con studi second party avviene spesso tramite l'intervento di team interni adibiti proprio a questa funzione. Nel caso di Sony, ad esempio, è la sua sussidiaria XDev a individuare e supportare i team di sviluppo indipendenti per la realizzazione di esclusive PlayStation, come ha fatto, nel corso di questi 10 mesi di next-gen, per titoli quali Destruction AllStars, Sackboy A Big Adventure e Returnal - sviluppato da Housemarque (solo successivamente acquisita da Sony). Tra i titoli second party possiamo trovare anche Demon's Souls Remake, un caso che però potrebbe generare un po' di confusione.

Riassumendone la storia, il titolo originale è stato sviluppato nel 2009 da FromSoftware (segnando l'inizio del filone Souls-like) e prodotto da Japan Studio in esclusiva per PS3. I diritti sull'IP sono rimasti in questo caso a Sony, che ha così potuto mettere in cantiere il remake affidando il lavoro ad un team esterno, ossia quello di Bluepoint Games poi acquisito da Sony alla fine di settembre.

Sul fronte dei second party Microsoft non ha ancora dato forti segnali, ma la cosa non deve stupire a fronte della strategia perseguita dalla casa di Redmond. Sebbene non manchino rumor secondo cui sarebbe possibile aspettarsi grandi esclusive second party da qui ai prossimi anni, la filosofia del colosso americano verte più sull'incentivare il Game Pass con i titoli sviluppati dagli Xbox Game Studios, e col contributo di accordi di esclusività (per lo più temporale) con le terze parti, di cui tratteremo a breve.

Third party

Dulcis in fundo, con team third party s'intendono gli studi esterni in tutto e per tutto, ossia quelli che sviluppano e pubblicano i propri titoli senza la partecipazione diretta di una casa produttrice di console. Sono dunque videogiochi il cui sviluppo non viene né finanziato, né regolamentato dai produttori delle console alle quali sono destinati, e pertanto anche quello che concerne le strategie di marketing e di promozione del prodotto resta appannaggio del publisher esterno (o dello studio stesso qualora si trattasse della medesima azienda).

L'errore più comune, a questo punto, sarebbe quello di pensare che third party sia dunque sinonimo di multipiattaforma. Le cose non stanno propriamente così, poiché potrebbe succedere che un titolo di terze parti sia disponibile soltanto su una console. E questo perché nulla impedisce alle aziende produttrici di stringere particolari accordi di esclusività.

Di esempi ce ne sono parecchi: sul fronte Xbox abbiamo potuto vedere diverse esclusive come The Medium (di Bloober Team), The Falconeer (di Tomas Sala), Call of the Sea (Out of the Blue), The Ascent (di Neon Giant) e 12 Minutes (di Luis Antonio). Tutti titoli sviluppati da team esterni agli Xbox Game Studios e prodotti da altri publisher, ma vincolati da contratti di esclusività limitata alle console di Redmond.

Anche Sony, naturalmente, ha avuto la sua schiera di esclusive terze parti, tra cui ricordiamo GodFall (di Counterplay Games) e due titoli Bethesda - Deathloop e Ghostwire Tokyo - ancora in divenire, ma destinati a rimanere momentaneamente accessibili solo su PlayStation 5, nonostante la software house americana sia ora di proprietà di Microsoft (questo anche perché gli accordi presi con Sony risalgono a prima dell'acquisizione del gruppo ZeniMax).

Non ultimo, Sony ha stretto un importante accordo con Square Enix per quanto riguarda il venturo Final Fantasy XVI. Nonostante il gioco sia infatti sviluppato e prodotto dalla stessa Square, come da tradizione, il titolo arriverà solo su PS5 (almeno per il momento). Potrebbe anche darsi, poi, che un'azienda come Sony o Microsoft stringa accordi di diversa natura con un publisher o uno sviluppatore. Per esempio, sebbene Resident Evil Village sia stato pubblicato su ogni piattaforma, Capcom aveva concesso agli utenti PlayStation una demo esclusiva e l'accesso anticipato alle successive.

Un'ulteriore casistica di dubbia interpretazione potrebbe riguardare invece la pubblicazione di un videogioco su una determinata console, senza che però alla base vi siano particolari accordi, come successo con Death's Door. Il titolo sviluppato da Acid Nerve e pubblicato da Devolver Digital è disponibile solamente su Xbox Serie X/S, Xbox One e PC, ma l'esclusione delle console Sony non deve essere intesa come il frutto di un accordo pregresso.

In questo caso è il team di sviluppo che - sulla base di considerazioni interne - decide di pubblicare solamente su un determinato hardware, senza che vi sia la necessità di stipulare un particolare accordo con il produttore. A tal proposito occorre anche ricordare che la pubblicazione di un articolo sui blog ufficiali di PlayStation e Xbox non garantisce la presenza di un accordo specifico con gli sviluppatori.