Videogiochi: Elogio della retrocompatibilità

L'importanza di non dimenticare il passato: passato, presente e futuro della retrocompatibilità su console secondo Sony, Nintendo e Microsoft.

Videogiochi: Elogio della retrocompatibilità
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Quanto è importante la retrocompatibilità? Negli ultimi mesi si è parlato molto di questa caratteristica. Poche settimane fa una ricerca condotta da Ars Technica ha riacceso il dibattito. A dar fuoco alle polveri sono stati i dati impietosi che evidenziavano il numero ridotto di giocatori che sfrutterebbe davvero tale caratteristica. Secondo quello studio, infatti, appena l'1,5 per cento degli utenti Xbox One userebbe la console per giocare titoli del catalogo Xbox 360. Poco dopo è prontamente arrivata la smentita di Microsoft, ma il sasso era ormai stato lanciato nello stagno della console war, increspandone inevitabilmente la superficie con commenti velenosi.
D'altra parte gli sforzi di Microsoft per garantire la retrocompatibilità sono noti a tutti e il recente annuncio dell'arrivo dei titoli Xbox su One ne è l'ennesima conferma. Sony, dal canto suo, ha più volte ribadito il suo generale disinteresse verso tale caratteristica, preferendo seguire una strada fatta di riedizioni vendute a prezzo ridotto. Posto che non esiste una via giusta e una sbagliata, abbiamo deciso di scrivere un articolo di analisi su questa caratteristica, cercando di esaminarla a 360 gradi.

La retrocompatibilità permetterebbe a chiunque di recuperare giochi che, per svariati motivi, non hanno avuto un successo tale da giustificarne la rimasterizzazione

Un po' di storia

La retrocompatibilità è sempre esistita? Certo che no. In passato il passaggio a un nuovo hardware portava spesso con sé il cambio di supporto, rendendo impossibile sfruttare i giochi acquistati in precedenza. Chi passò dal NES al Super Nintendo si affidò solo ai giochi della nuova macchina, così come chi passò dal Master System al Mega Drive. La prima casa produttrice a offrire la retrocompatibilità su console fu proprio Sony, la stessa che oggi la considera un orpello inutile. Quando uscì la PlayStation 2, coloro che avevano a disposizione dei giochi originali per la prima PlayStation potevano farli girare anche sul monolite nero, approfittando anche di alcuni filtri pensati per migliorarne la resa grafica. Questo non solo permetteva di continuare a giocare i titoli già in possesso, ma garantiva una libreria di lancio molto ricca a coloro che decidevano di acquistare la console al day one. Il fatto che la retrocompatibilità non si limitasse al lato software ma anche alle periferiche come i joypad, poi, rendeva ancora più agevole il passaggio al nuovo hardware.

Game Boy Player per GameCube

Anche il Nintendo Wii permetteva di giocare i giochi GameCube. Grazie a questa preziosa caratteristica chi aveva già acquistato i vecchi giochi poteva continuare a usarli e chi non aveva avuto contatti con il poco diffuso GameCube (magari perché possessore di un sistema di gioco differente) poteva recuperare preziose perle del passato senza dover necessariamente possedere la console per cui erano state prodotte. Con l'arrivo della PlayStation 3 e dell'Xbox 360 le cose hanno preso una piega differente. Mentre Microsoft ha impedito fin da subito di usare i giochi Xbox sulla sua nuova macchina, salvo proporre in un secondo momento l'emulazione software di una manciata di titoli, Sony ha cercato di portare avanti la medesima politica attuata con la PS2, scontrandosi però con dei costi di produzione troppo elevati. Le prime PS3 FAT, infatti, erano in grado di garantire una retrocompatibilità hardware quasi totale, mentre i modelli seguenti erano passati a una meno performante versione software basata sull'emulazione flagellata da problemi di varia natura.

In alcuni casi gli accordi commerciali possono influenzare la retrocompatibilità, come è accaduto con Ultra Street Fighter IV

La mossa successiva è stata la totale eliminazione della caratteristica che aveva permesso a molti giocatori di provare, conoscere e apprezzare videogiochi meritevoli di essere tramandati ai posteri. Le nuove versioni delle console Sony e Microsoft hanno preferito sacrificare la retrocompatibilità sull'altare del profitto. In questo modo è stato possibile contenere i costi di produzione, guadagnare attraverso la vendita delle periferiche proprietarie e, ovviamente, mettere sul mercato le remastered a cui ormai siamo tutti abituati.

La situazione attuale

Come si comportano oggi le varie piattaforme, nei confronti della retrocompatibilità? Il mercato attuale offre ai giocatori approcci di ogni genere verso i titoli del passato. Sul fronte delle console, Microsoft è quella che sta puntando più di tutti verso un'integrazione naturale e organica di passato e presente. L'elenco dei giochi Xbox 360 giocabili anche su Xbox One si espande di mese in mese e l'offerta inizia a essere piuttosto ghiotta per coloro che decidono di portarsi a casa la console della casa di Redmond.

Al catalogo della retrocompatibilità di Xbox One si sono appena aggiunti Cyber Troopers Virtual On OT e Radiant Silvergun, due pezzi da novanta per gli amanti della jappofesta

Con l'arrivo dei titoli della prima Xbox, poi, le cose sono destinate a migliorare ulteriormente. Sony, dal canto suo, dopo aver coccolato gli appassionati con la PlayStation 2 (che poteva leggere i titoli della console precedente) e con il primo modello FAT della PS3, ha optato per l'eliminazione di tale caratteristica, iniziando a inondare il mercato con versioni ripulite dei titoli più interessanti del suo vecchio catalogo. Se da una parte questo sistema le ha permesso di offrire prodotti ottimizzati per il nuovo hardware, dall'altra ha costretto gli utenti ad acquistare di nuovo titoli già in loro possesso, a fronte di interventi spesso irrisori da parte dei programmatori. L'approccio di Nintendo è, se possibile, ancora più drastico. Sulla Virtual Console di Wii e Wii U era infatti possibile acquistare alcune vecchie glorie del catalogo Nintendo, ma l'assenza di un profilo universale trasportabile da una piattaforma all'altra legava indissolubilmente i giochi alle singole console, costringendo a comprare ancora e ancora lo stesso identico gioco. In questo panorama quelli che se la passano meglio sono senza alcun dubbio gli utenti PC, che con la libreria di Steam e la possibilità di emulare i giochi più datati, hanno sempre a portata di click quanto acquistato nel corso della loro carriera di appassionati.

Dragon's Dogma Dark Arisen si appresta a tornare su PS4 e Xbox One. Capcom avrebbe realizzato comunque questa versione, se avessimo potuto rispolverare l'originale sulle console attuali con qualche miglioramento tecnico?

Il recente annuncio del servizio SEGA Forever dimostra quanto i giochi vintage siano ancora visti come una preziosa vacca da mungere, ma le stesse case produttrici non sanno come muoversi per sfruttare al meglio l'occasione. L'unica cosa certa è che se tutti avessero portato avanti la retrocompatibilità, iniziative di questo tipo sarebbero state molto meno appetibili agli occhi dei consumatori.

Preservare un patrimonio dell'umanità

Il desiderio di avere a portata di mano i giochi del passato è piuttosto comune, come dimostrano l'isteria di massa generatasi dopo l'annuncio dell'affascinante SNES Classic Mini e l'arrivo di un numero sempre maggiore di operazioni nostalgia. Eppure, a parte l'inedito Star Fox 2 la selezione di titoli che Nintendo ha inserito nel pacchetto è tranquillamente reperibile altrove. Chi possiede le cartucce originali ma non vuole tirar fuori la console e collegarla a una TV adeguata (un catodico, visto che sui pannelli moderni la vecchia pixel art fa una fine orribile) può perfino rivolgersi all'emulazione.

La presenza della retrocompatibilità non rende automaticamente inutili le rimasterizzazioni. Il lavoro monumentale fatto da DotEmu con Wonder Boy: The Dragon's Trap ne è un chiaro esempio.

Se Nintendo avesse sempre portato avanti un programma strutturato di retrocompatibilità, oggi non ci troveremmo di fronte alla scomoda frammentazione dell'eredità storica di Miyamoto e soci. Se invece di optare per Virtual Console a compartimenti stagni Nintendo avesse permesso ai suoi sostenitori di crearsi la propria libreria online, oggi non ci sarebbe bisogno di operazioni come lo SNES Classic Mini. Operazioni che portano secchiate di soldi con il minimo sforzo, ma che impediscono all'umanità di godere di una piattaforma unica a cui attingere per non dimenticare il passato. Perché il retrogaming non serve solo a coccolare il cuore dei nostalgici ormai cresciuti, ma anche a far crescere nuove generazioni con la consapevolezza delle proprie origini.

Un momento storico favorevole

Come abbiamo visto, in passato era davvero difficile garantire la retrocompatibilità. L'architettura hardware delle console cambiava in modo drastico e far girare i titoli della generazione precedente era quasi sempre impossibile. Nel mercato attuale, al contrario, le console sono sempre più vicine ai PC. La distribuzione digitale ha fatto passi da gigante e le dimensioni dei supporti di memorizzazione permettono di custodire senza problemi titoli dal peso ridicolo ma dal valore incalcolabile. Per il momento, l'unica ad aver intrapreso una strada convincente sul fronte della retrocompatibilità è Microsoft, che punta con convinzione verso la piattaforma virtuale unica. Nintendo e Sony sono le case con il catalogo più ricco di esclusive memorabili, ed è un vero peccato che entrambe le case stiano ancora navigando a vista nel pescoso mare dei ricordi.