Speciale Virtual Console - Vol. 2

Droghe pesanti: porcospini blu, tartarughe mutanti e omini coi capelli verdi

Speciale Virtual Console - Vol. 2
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Introduzione: les amours d'antan

Questo mese niente Mario. Tutti a dieta. Abituatevi bene. Dopo una certa presenza nel primo periodo del NES, Mario divenne una presenza evanescente e al contempo pesante come un macigno. Lo si vedeva bazzicare nei giochi molto raramente e poteva passare anche qualche anno senza un gioco dedicato a lui. Quando si materializzava l’evento era epocale, gli animi erano assorti; gli occhi erano umidi e la voce spezzata nel dire:“Mario. Datemi un joypad”. Adesso manca poco che Mario spunti anche dalla tazza del water, ma questa è un’altra storia.
Oggi il viaggio parte in un vivace mondo pieno di anelli dove un porcospino blu corre come un ossesso e spacca televisori; prosegue rocambolescamente per le fogne di New York nei panni di tartarughe mutanti a picchiare esseri zombeschi vestiti da ninja, rinoceronti, cinghiali e uomini con la faccia di latta; e tutto finisce da una prospettiva rialzata, quasi divina, a costruire centrali elettriche e altre delizie, dietro i saggi consigli di uno studioso alto come una lattina e con lunghi capelli verdi.
Ora che avete smesso di piangere e lamentarvi battendo il pugno sul petto, datevi alla lettura.

Sonic The Hedgehog

Sonic era, nel corso degli anni 90, l’altra metà del mondo videoludico. Era la mascotte che si doveva opporre a Mario, e fu l’unica pupazzaccio che ci riuscì, e per questo fu ricordato, nonostante gli anni e le angustie che la vita ha dispensato per lui e per Sega. Era il 1991 quando Sega regalò al suo MegaDrive quel Sonic The Hedgehog che tanto contribuì al successo della console. Il gioco era venduto in bundle con la (allora) nuovissima macchina a 16 bit.

Green Hills

La storia narra di un oscuro Dottor Robotnik (o Eggman, ma io preferisco il primo nome, quindi lo chiamerò così) che arriva a sconquassare un mondo tutto rose e fiori, rubando i sempre ammirati smeraldi del caos. A Sonic, che è visto da tutti gli animaletti ermafroditi che abitano questi luoghi come una sorta di figo del quartiere, il ruolo di sistemare le cose. Gli toccherà lanciarsi contro animali cyborg, macchinari diabolici, e contro le carriole che il Dottor Robotnik di volta in volta piloterà alla fine dei livelli. Ma sconfiggere il cattivo non è l’unico scopo del gioco, se alla fine del livello centrerete l’anello gigante potrete cimentarvi nella ricerca degli smeraldi del caos, nascosti in labirinti tutti da vedere, che ci rimandano a certe atmosfere e certe abitudini degli anni 70. Buon mal di testa.
Come si può fare un platform migliore di Super Mario? Non si può, allora si cambia completamente terreno. Con eccellenti risultati.
All’efficacia delle soluzioni mariesche, tutte incentrate sulla precisione, su un lento avanzamento fatto di errori, su una serie infinita di salti “pixel-perfect”, Sonic decide di opporre tutt’altre trovate, puntando tutto sulla velocità supersonica, la frenesia, sul raggiungimento di vette, cime di palme grondanti di bonus o profonde grotte sciovate dopo aver distrutto decine di rocce.
Dove Mario raccoglie monete per guadagnare una vita, e quando viene colpito tutt’al più diventa piccino, Sonic perde tutto. Puoi aver fatto la migliore delle partite, ma se in quel momento sbagli, torni a zero. Il gioco di Sega somiglia molto a una gigantesca partita a poker, in cui il rilancio è obbligatorio, dove le corse entusiasmanti, i giri della morte e molto spesso, la fortuna, sono i padroni del vostro destino.
La veste grafica di Sonic è eccezionale e ai tempi fu una formidabile prova delle potenzialità del Mega Drive: la mancanza completa di rallentamenti, la definizione grafica, la sublime scelta dei colori, la varietà degli ambienti e la sensazione di trovarsi in un mondo ricco e pulsante dove tutto si muove, come un grande parco giochi, ci rivelano il magistrale lavoro del Sonic Team. Il sonoro propone melodie anch’esse entrate di diritto nella storia dei videogames, che accompagnano alla perfezione gli sprint del nostro riccio blu. Attenzione quando attraversi la strada.

Il Dottor Robotnik avrebbe dovuto occupare un ruolo ben diverso. Fu infatti una delle proposte elaborate dai grafici quando Sega decise di dotarsi di una mascotte. Non si butta via nulla.
E in tutto questo, non so perché, Sonic mi fa affondare nella tristezza. A considerare l’infinita solitudine del personaggio, senza un Luigi e senza una Principessa da salvare, a vedere quel suo sguardo fisso, pragmatico, tutto rivolto verso il traguardo, mi pare di vedere un personaggio molto triste. E’ un fiume sotterraneo che scorre in Sonic, sotto tutta quell’allegria. O forse è tutto dovuto al fatto che ci giocavo da un amico, quando marinavo il catechismo. Sensi di colpa della mia morale cattolica?

Conclusione

Sonic The Hedehogè un altro pezzo grosso della storia videoludica, uno dei primi giochi a essere inseriti nella Virtual Console, un grande successo, un brand ancora vivo e vegeto, ma lontano, ahimé, dai fasti del passato. Ma a noi non importa, finché ci sarà un wiimote da girare di novanta gradi e avremo sei euro in tasca, il tempo non esisterà più.
Nonostante tutto, nonostante gli anni, Sonic è ancora lì che ti fissa col suo sguardo furbetto, fermo lì a scuotere quel dito, che pare dirti: “Che succede, non riesci a starmi dietro?”. Che fare? Ancora una volta, premere Start.

Teenage Mutante Ninja Turtles

Gioco misconosciuto ai tempi, se non per il nome altisonante che porta, Teenage Mutant Ninja Turtles (da adesso TMNT, per graziare le mie dita) è uscito per il buon NES nel 1989, ed è la prima trasposizione videoludica della serie animata delle Tartarughe Ninja, che nonostante gli anni, dovrebbero conoscere anche gli astronauti.

Donatello, Raffaello, Michelangelo e Piero della Franc, ehm, Leonardo

Il gioco si apre con una delle presentazioni più allucinanti del Nes, e a ripensarci mi vengono i brividi: le nostre sporche tartarughe trovano la propria fognesca abitazione a soqquadro, tutti spariti. Rapiti il toporagno Splinter e quel provocante manico di April O’neill (agli annali registrata come la giornalista amica dei nostri mangiapizza, che cova il desiderio di un incontro particolare con quattro giovani e prestanti tartarughe antropomorfe). In tivù un messaggio registrato del mitico Shredder, quella faccia di latta, la cui parlata è resa con il semplice movimento di una parte della sua maschera. Cose memorabili.
Tutto questo per giustificare un gioco che oggi chiamerebbero multievento, ma noi faremo finta che questo termine non sia mai nato. Ecco dunque le quattro tartarughe lanciarsi in un’avventura di esplorazione, che unisce sezioni di picchiaduro a scorrimento a momenti di platform, di nuoto, di guida e tanti altri gingilli che sarete voi a scoprire. Potrete usare una tartaruga alla volta e sostituirla quando vorrete: occhio all’energia, perché se una vi muore vorrà dire che è stata catturata dal Foot Clan e dovete fare il diavolo a quattro per ritrovarla. Un mezzo alternativo alle solite tre vite. Complimenti.
Il mondo costruito per accogliere l’avventura dei nostri tartarugozzi è davvero vasto, e non sarete obbligati a visitarlo tutto per riuscire nel vostro intento, ma vi assicuro che vi perdereste cose davvero divertenti. Partirete dalle fogne (mavà?), andrete per scantinati, città, aeroporti e basi malefiche. Certo tutte le locazioni si somigliano un poco, ma noi faremo volare la fantasia.
Il cast che ha reso mitica la serie c’è tutto: il sopra menzionato Shredder, Rocksteady e Bebop, il Foot Clan, quei gingilli meccanici costosissimi che le tartarughe si divertivano a squassare in un nanosecondo, robottoni crudelissimi e giganti, la macchina delle tartarughe (uno degli oggetti del desiderio per stuoli di bambinazzi dei primi anni 90).
La veste grafica è per il nostro NES qualcosa di potente, grande varietà di sprite, di ambienti, un po’ meno le animazioni e i colori (e forse non è un difetto, ma qualcosa che ci regala una grande atmosfera). Erano tempi in cui i programmatori facevano di necessità virtù, e sopperivano ai limiti tecnici delle macchine con grandi trovate. Il comparto sonoro? Ricordo chiaramente, a distanza di quasi quindici anni, i rumori delle armi delle nostre tartarughe, roba da macelleria. Sulle musiche, nessuna nota interessante.

TMNT vendette davvero bene: circa 4 milioni di copie. E’ uno dei giochi non-Nintendo che su NES ha venduto di più. I commenti della critica furono più che lusinghieri.
Ricordo altrettanto bene la terribile difficoltà di questo gioco. TMNT è un gioco davvero difficile, e nella mia esperienza di bambinello conservo il cruccio e l'umiliazione di non essere mai riuscito non solo a finirlo, ma nemmeno a raggiungere l’ultimo livello.

Conclusione

Per questo ho deciso di non scaricare questo gioco. La sua difficoltà è una sfida che si rinnova e so che ci passerei troppo tempo. E’ l’unico gioco che ricordo con timore, per la sensazione che mi dava di sentirmi braccato, per la claustrofobia degli scenari subacquei, per la grandezza sconfinata delle vie cittadine. A me questo gioco fa paura. Ora a voi la patata bollente, questo titolo si discosta di molto dal software-tipo del Nes, coltiva grandi ambizioni, e forse non riesce a vincere in tutto la sfida che si pone. Ciò non toglie che si tratti comunque di un grande tie-in e di un titolo molto divertente, un precursore dei tempi. Cowabunga.

Sim City

Il Dottor Wright è un birbone, un individuo bizzarro, ha i capelli verdi e una testa enorme, ed è un grande studioso. È anche colui che vi accompagna nel primo dei giochi che ha dato il via alla generazione dei Sim games: Sim City. Per chi avesse passato gli ultimi venti, trent’anni a giocare a Pachinko in una sala giochi giapponese insonorizzata e chiusa da fuori da un energumeno alto e grassissimo, ignorerà il fatto che si tratta di un simulatore di città, dove voi, nei panni del mitico sindaco, dovrete fare si che un piccolo, piacevole borgo si trasformi in una gigantesca metropoli, che da sola concorrerà a un buon mezzo grado del riscaldamento atmosferico globale. Nessun problema però, arriva Virtual Console a farvi recuperare il tempo perduto.

Era il 1989 quando Maxis convertì Sim City per il reuccio di casa Nintendo, ovvero Super Nintendo. Un gioco senza suddivisione in stages, senza mostri finali e con una durata potenzialmente infinita, sulle prime disorientò quei giovani videogiocatori (persone che oggi avranno almeno due figli e saranno alla metà del pagamento del proprio mutuo) che per primi misero le mani sul gioco. Ma un’analisi approfondita fece scoprire loro tutte le meravigliose potenzialità di una simulazione di città.
Per prima cosa, carissimi, dovrete scegliere la zona migliore dove far sorgere il vostro feudo. Un database di mille mappe e pure un editor dovrebbero soddisfarvi. Ora, scelto il luogo, armatevi di pazienza, paletta e secchiello: costruite, crescete, edificate, cancellate dalla regione ogni spiaggia, ogni macchia di vegetazione endemica, sostituitela con rassicuranti parchetti ed enormi palazzoni. Il gioco vi dà a disposizione tre differenti aree edificabili: residenziali, industriali e commerciali: il vostro compito sarà quello di fornirle di infrastrutture, per fare sì che tanti cittadini arrivino, ci abitino e diano il via a fiorenti attività, per rimpinguare le sempre vuote casse dell’amministrazione cittadina e permettervi di continuare la vostra diabolica pianificazione urbanistica. Dovrete inoltre preoccuparvi del crimine, dell’inquinamento, degli incendi e dei temibilissimi housing costs, problemone per la cui spiegazione occorrerebbe uno speciale dedicato. Quello che stabilisce il vostro successo come sindaco è il numero di abitanti della vostra città, un’amministrazione oculata e un minimo di organizzazione vi aiuteranno a fronteggiare i problemi che arriveranno con il crescere del territorio urbano.

Sim City fu originariamente rilasciato sui personal computers. Dopo il suo successo approdò su numerosissime piattaforme, fra cui il buon Super Nintendo. Fra il 1989 e il 1991 fece incetta di premi, videoludici e non, per le sue caratteristiche di originalità e il suo alto contenuto educativo.
Ma la vita del buon sindaco è costellata anche di grandi dolcezze: i regali, oggetti speciali che giungeranno nel gioco quando raggiungerete determinati obiettivi: vale citare giusto il favoloso monumento dedicato a Mario, da porre nella piazza principale della vostra città e da destinare a disciplinata venerazione tutte le domeniche.
Gustosa anche l’opzione degli Scenarios, fatta per chi ha voglia di risolvere problemi che non sono i propri. Prenderete le redini di grandi città che hanno subito disastri o che sono afflitte da gravi problemi e dovrete risanarle. Questa sezione è li per spossare anche i sindaci più illuminati, ma anche la più stimolante. Avrete pochissimi soldi e qualche anno per raggiungere gli obiettivi.

Ritorniamo al Dottor Wright, quel birbone.

Questo eminente esperto di pianificazione urbanistica sarà pronto a offrirvi i suoi servigi. In realtà si limiterà, al minimo problema, a piombarvi in studio correndo a destra e a manca e urlando come un dannato. Ma non mandatelo subito via, questo signore è in realtà un valido aiuto, che vi aiuterà a tenere calmi i cittadini e a intervenire sui problemi più urgenti. Un peccato non poterlo picchiare. Birbone.

Conclusione

Se passerete oltre alcune ingenuità e superficialità del gioco (sono sempre passati quasi vent’anni di simulatori del genere), e supererete il timore reverenziale che può incutere, vi troverete fra le mani un gioco semplice e divertente, dove, lontani dall’ipervelocità dei giochi odierni, potrete dedicarvi alla costruzione della città dei vostri sogni, con il passare del tempo scandito dal nient'altro che il passare delle stagioni.

Virtual Console Come i lettori avranno notato, lo speciale appena letto sovverte in parte i canoni di stile che la redazione di Everyeye è solita usare. Alla base di questa scelta sta la volontà di portare, per una volta, sulle pagine del portale una visione intimamente nostalgica, personalissima e malinconosa, di quei piccoli capolavori bidimensionali che hanno fatto la storia. Quella di tutti noi e quella del curatore di questa nuova rubrica (capacissimo analista, vero appassionato, e dotato di intense capacità ironiche). Se questo esperimento vi piace, se avete voglia di ricordare, scherzare, giocare col vostro (o nostro) passato, l'appuntamento è al mese prossimo.