Xbox tra cloud, Kojima e cloud native gaming: quali sono le differenze?

Cerchiamo di scavare più a fondo nell'annuncio di Hideo Kojima e di Microsoft, tra Cloud Gaming e Cloud Native Gaming: che cosa cambia?

Xbox tra cloud, Kojima e cloud native gaming: quali sono le differenze?
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Complice un'infrastruttura che gradualmente sta consentendo a sempre più persone di poter abbracciare questa tecnologia oltre a una serie di potenziamenti e ottimizzazioni alla radice, il gaming tramite l'etere che non richiede PC o console non è più una nicchia dedicata a pochi utenti alla ricerca di un compromesso.

Nel corso della Xbox & Bethesda Games Showcase, il cloud gaming è stato un argomento a dir poco centrale per via dell'annuncio di Hideo Kojima e del suo prossimo titolo che dovrebbe proporre la tecnologia cloud-native per raggiungere il suo pieno potenziale. Una tecnologia che, stando alle parole del visionario creator, sarà il fulcro della sua prossima esperienza videoludica, perché gli consentirà di superare i limiti imposti dall'hardware domestico. Concettualmente siamo molto distanti dal servizio Xbox Cloud Gaming, che recentemente ha ricevuto una forte spinta in termini di popolarità grazie all'annuncio di Xbox Cloud Gaming sulle Smart TV Samsung, rendendolo ancora più semplice da raggiungere e a un costo pari a zero se già si possiede un pannello compatibile.

Un'offerta in costante evoluzione

Se da una parte questi servizi sono sempre più promettenti, ci saranno sicuramente diversi nodi ancora da sciogliere. Primo fra tutti, in paesi come il nostro in cui c'è ancora una forte disparità infrastrutturale, potrebbe non essere così scontato riuscire a raggiungere tutti gli utenti a pieno potenziale.

In effetti, il Cloud Gaming necessita di reti performanti per un'esperienza dignitosa, priva di ritardi e di pesanti compressioni del flusso video, motivo per cui in molti ancora oggi preferiscono puntare sul gaming nativo, ma il tutto si spiegherà più nel dettaglio in seguito, dal momento che l'idea di Kojima non sarà propriamente definibile Cloud Gaming, bensì si avvarrà del cloud computing nella sua esecuzione.Tuttavia, questa nuova direzione di Microsoft era nell'aria già da tempo. Il gigante dell'informatica, in effetti, negli ultimi anni ha riscritto le regole del medium con la sua idea di distribuzione in cui affiancare al gaming tradizionale un ecosistema di servizi unici ed esclusivi.

Si tratta di funzionalità disponibili per gli abbonati al piano di sottoscrizione Game Pass, tra un parco titoli ricco e costantemente aggiornato di nuove proposte anche al day one, giochi in omaggio con il piano Gold e, ovviamente, Xbox Cloud Gaming, che recentemente ha raggiunto nuove vette di qualità grazie al passaggio ad hardware di nuova generazione, offrendo oggi una qualità alla sorgente simile a quella di Xbox Series X.

L'ultimo tassello, stando alle dichiarazioni di un ex sviluppatore di Valve, sarebbe proprio il Cloud-native gaming, ovvero proposte ibride che difficilmente sarebbero godibili da un ampio bacino d'utenza con tecnologie tradizionali senza l'ausilio dei supercomputer di Microsoft. Questo non significa, però, che saranno giochi a distribuzione esclusiva su Cloud saltando a pié pari la via classica di erogazione, con installazione su PC e Console.

Cosa sono Cloud Gaming e Cloud-Native Gaming?

Partiamo proprio dalle basi. Per Cloud Gaming si intende un'esperienza di gioco da remoto: l'utente non è chiamato ad avere una macchina da gioco a disposizione. Gli basterà un dispositivo supportato e per gran parte dei servizi questo significa anche solo un cellulare Android o iOS.

Questi servizi sono dotati di supercomputer posizionati in dei data center strategici in tutte le regioni in cui erogano il servizio. Per esempio, nel caso di Microsoft, il servizio è collocato nei datacenter Azure e per questo disponibile principalmente nei Paesi raggiungibili dalla sua rete. Quando scegliamo di giocare in Cloud a un titolo specifico, questo verrà riprodotto direttamente nei supercomputer in remoto e al nostro terminale arriverà esclusivamente il flusso video con cui potremo interagire nelle modalità più disparate, sfruttando, per esempio, i controller bluetooth delle nostre console oppure tramite comandi touch a schermo sui giochi che supportano questo tipo di mappatura - insomma, dobbiamo immaginare il Cloud Gaming come un gigantesco cavo HDMI invisibile che collega il nostro schermo a una console posta a centinaia o migliaia di Km di distanza.

Dal momento che il flusso viaggia tramite internet, c'è una proporzionalità diretta tra connessione e qualità, ma in generale a pesare è l'infrastruttura stessa sul territorio nazionale, con i vari nodi che possono far accumulare eventuali ritardi o meno, oltre all'ottimizzazione del servizio Cloud.
Nel caso di Google Stadia, per esempio, il colosso di Mountain View ha ideato un sistema di distribuzione enormemente più capillare, che ha reso nel corso del tempo il servizio uno dei più apprezzati in termini di affidabilità e prestazioni.

Allo stato attuale, tuttavia, gran parte delle piattaforme riesce a garantire un'esperienza soddisfacente su una buona fetta del territorio. Ci riferiamo, nello specifico, al già citato Stadia, ma anche allo stesso Xbox Cloud Gaming, così come all'ottimo NVIDIA GeForce NOW che ha recentemente aggiornato la sua proposta con i suoi nuovi SuperPod, supercomputer in grado di offrire un'esperienza paragonabile a quella di una RTX 3080 con Ray Tracing e gaming in 4K/120.

Ciò che cambia tra un servizio e l'altro, oggi, è la parte commerciale. I tre player, infatti, non potrebbero essere più diversi da questo punto di vista. Da una parte troviamo Stadia, un sistema console-like in cui al piano di sottoscrizione classico con omaggi mensili si affianca uno store tradizionale in cui comprare singolarmente i titoli desiderati. Con GeForce NOW, invece, avremo accesso a tutti i titoli precedentemente acquistati su Steam, Epic Games e su altre piattaforme supportate come quella offerta da Ubisoft: tutti i giochi provenienti dalla nostra libreria saranno giocabili se supportati da GeForce NOW, a patto di siglare un abbonamento mensile, semestrale o annuale.

Arrivando a Xbox Cloud Gaming, il servizio di Microsoft consente di avere accesso ai titoli acquistati in digitale sulla piattaforma oltre a quelli presenti nel catalogo Game Pass, ammesso di essere abbonati al piano: Xbox Cloud Gaming, quindi, non richiede un contributo monetario specifico per essere utilizzato.

Spostandoci, invece, all'esempio di Kojima, la chiave di volta dell'intero progetto non dovrebbe essere affatto il Cloud Gaming: in effetti, come già detto dovrebbe trattarsi di un gioco "cloud-native", ma cosa significa? I giochi cloud-native sfruttano questa tecnologia per delegare parte del calcolo, tra cui l'IA, una fisica particolarmente impegnativa e altre porzioni di gioco ai supercomputer della rete Cloud, alleggerendo il carico sulla Console o sul PC per raggiungere risultati attualmente solo immaginabili. Non si tratta, quindi, di giochi in streaming, ma di esperienze ibride, riprodotte su console o PC, con parte degli elementi a schermo che vengono invece elaborate a distanza.

Gli esempi più iconici delle due tecnologie

Tra tutti, sicuramente l'episodio che più di tutti ha contribuito a rendere celebre il gioco in streaming è stato senza ombra di dubbio CyberPunk 2077 su Google Stadia. Le polemiche che hanno avvolto il titolo al suo rilascio su console di vecchia generazione, infatti, hanno portato tantissimi utenti a riversarsi senza grossi tentennamenti sul Cloud Gaming di Mountain View, complice una clamorosa offerta che consentiva di acquistare il gioco e ricevere in omaggio anche una Chromecast Ultra e un Gamepad di Stadia nel cosiddetto kit Stadia Premiere Edition.

Nel corso delle prime settimane dal rilascio dell'RPG, una ricca percentuale di pubblico si affidò esclusivamente al Cloud Gaming per godere appieno dell'esperienza proposta da CD Projekt RED a un livello di dettaglio e di fluidità che si pone a metà strada tra quanto offerto su Xbox Series X e PlayStation 5.

Senza focalizzarci troppo su titoli specifici, uno dei più interessanti risvolti di questa tecnologia, nel caso di Microsoft, riguarda la possibilità di giocare a titoli next-gen su console della scorsa generazione, ovvero a partire da macchine della serie Xbox One. In questo modo si possono riprodurre non solo giochi nativamente non compatibili, ma a un livello di qualità e dettaglio raggiungibili solo con l'attuale ammiraglia del colosso statunitense. Basti pensare a Forza Horizon 5 oppure ad Halo Infinite, giusto per citarne un paio, ma l'elenco è più lungo di quanto si possa immaginare.

Non tutti lo sapranno ma esiste un illustre esempio anche di Cloud-native gaming parziale: stiamo parlando di Crackdown 3 con la sua Zona di Demolizione, in cui ogni porzione dell'ambiente sarebbe dovuta essere distruttibile al 100% grazie alla processazione mediata da computer in rete. Al netto di questa esperienza, viene da chiedersi quale possa essere il destino in termini di riproducibilità di titoli ibridi dotati di tali tecnologie: una volta che il periodo d'oro post lancio sarà passato, per quanti anni o mesi i titoli Cloud-Native continueranno a essere supportati e a garantire l'appoggio di parte di calcolo dai supercomputer in rete? Forse è proprio questo il più grande punto interrogativo di questa intrigante evoluzione del gaming, un nodo che solo il tempo saprà sciogliere.

Anche NVIDIA con il suo studio Eidos-Sherbrooke ha iniziato a guardare in questa direzione, sebbene i risultati siano ancora tutti da dimostrare. Allo stesso modo, alla GDC 2022 Ubisoft ha presentato il progetto cloud Ubisoft Scalar, che punterà al cloud-native gaming per offrire esperienze senza precedenti sfondando la barriera dell'hardware domestico.