Xbox One: impressioni sulla conferenza di presentazione della nuova console Microsoft

Microsoft ha presentato la sua nuova console

Xbox One: impressioni sulla conferenza di presentazione della nuova console Microsoft
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Il messaggio era chiaro: poche testate generaliste in platea (nessuna dall'Italia), tanta attenzione per i grandi quotidiani e di conseguenza per la comunicazione “verticale”. Una “strategia in due tempi”, confermava qualcuno, con un rapido annuncio a poche settimane dall'E3 e poi una conference losangelina “fortemente dedicata ai videogiocatori”. Insomma, a ragionarci a mente fredda forse non ci si doveva aspettare nient'altro che questo: l'annuncio di una nuova console, il nome e poco altro.
Eppure, noi giocatori siamo degli inguaribili sognatori. Dopo essere rimasti in parte interdetti dalle incertezze di Sony lo scorso 20 febbraio, credevamo che Microsoft volesse sfidare a viso aperto la diretta rivale puntando al rialzo. Con più giochi, contenuti esclusivi, ed una linea comunicativa chiara e limpida sulle specificità della macchina.
E' stato tutto il contrario: l'unica piccola “rivincita” il colosso di Redmond se l'è presa quando ha sbattuto in faccia al suo pubblico il design definitivo della macchia, presente fisicamente sul palco. Ma è stata una rivincita in tono minore; perchè -diciamocelo- il design di Xbox One non è proprio il massimo. Spigoloso, un po' troppo retrò per non sembrare un lettore DVD dei primi anni 2000, il “botolOne” (passateci il gioco di parole) appare un po' ingombrate e goffo, soprattutto se pensato a fianco di un televisore moderno (o della versione “Lite” di Xbox 360). In rete qualche commento caustico già serpeggia: “sembra un decoder”.
E ad onor del vero la similitudine non è troppo campata per aria. Perchè uno dei punti fondamentali della strategia di Microsoft per la sua Xbox One (nome indovinato, elegante, rapido e sintetico) è proprio l'insistito rapporto con i contenuti televisivi, i servizi di streming audio e video, le trasmissioni sportive.
I primi venti minuti abbondanti della conference sono solo questo: un elenco dettagliato e puntiglioso delle caratteristiche con cui Xbox One si prefigge di rivoluzionare l'intrattenimento casalingo. Uno strazio per i videogiocatori, un'eccezionale prova di coraggio, di forza, di lungimiranza agli occhi di chi videogiocatore duro e puro non è, e fantastica ancora sul concetto di “salotto multimediale” (una roba che ci portiamo dietro dai tempi dello Smau).
Ci sono, di tanto in tanto, dei guizzi che risvegliano l'interesse sopito di chi si ostinerà a considerare Xbox One una console e non un set-top-box (o, come recita il comunicato stampa, “il più avanzato sistema all-in-one di home entertainment”). Ad esempio lo startup immediato, il riconoscimento vocale, le gesture per il controllo della dashboard. Si tratta però di aspetti che oscillano pericolosamente su quella sottile linea di confine che separa il progresso tecnologico dall'idea un po' hollywoodiana di tecnologia futuribile. Alla fine basterebbe forse chiedersi quante volte ci siamo ritrovati ad utilizzare Kinect all'interno della Dashboard della 360 per capire che certi elaborati sistemi servono più per acchiappare un'utenza meno specializzata che per galvanizzare i veri giocatori. Ed è a questo (sconfinato) bacino d'utenza (qualcuno dice “gli orfani del Wii”) che Microsoft si è rivolta oggi, raccontando di quanto è bello saltare dal gioco alla musica al proprio serial televisivo, o di quanto sia utile avere la guida Tv e Skype “comodamente” integrati nel sistema operativo.
Senza vittimismi e senza strepiti, mi sento abbastanza sereno nell'affermate che ai giocatori non importa niente di queste sciocchezze.

Sarebbe inutile negare che c'è un certo tipo di utenza che stravede per un sistema con le funzionalità multimediali di Xbox One. Probabilmente, anzi, quell'utenza è più estesa della nicchia che mi ostino a voler difendere e rappresentare, e sicuramente più profittevole per un'azienda come Microsoft. Dal punto di vista commerciale, quindi, tanto di cappello a Don Mattrick e compagnia. Però nessuno deve venire a dirci che la prossima generazione si giocherà sempre più sui servizi e sempre meno sui giochi. Quei “servizi” noi ce li abbiamo già, li stiamo utilizzando. Abbiamo Spotify, conosciamo Netflix (e sappiamo come aggirare i blocchi territoriali), vediamo in streaming tutto quello che vogliamo. Non ci serve una macchina che li accumuli e li nasconda dietro quello che ormai è definito un esoso “paywall” (l'abbonamento a Xbox Live).
Sony, qualche mese fa, ha dimostrato che una delle strategie per il futuro può essere quella di tornare a parlare con Giocatori e Sviluppatori. Strizzando l'occhiolino social che tanto piace ai media, ma confrontandosi con le esigenze di un'utenza ben profilata. Microsoft a quell'utenza ha solo balbettato qualche frase non troppo composta.
Gli ha detto, comunque, che l'hardware della console sarà davvero molto simile a quello della rivale, con cui a livello di prestazioni Xbox One potrà confrontarsi senza troppi problemi. Gli ha detto che l'architettura della nuova console permette -anche allo stato attuale- di scaricare parte del carico computazionale su un sistema di Cloud Computing (una “piccola rivoluzione” sfuggita ai più). Gli ha detto che nelle scuderie dei Microsoft Game Studios ci sono 8 Nuove IP ed altre 7 esclusive pronte ad infiammare gli animi.
Sono stati proprio questi i momenti migliori della conference, almeno dal nostro punto di vista, assieme all'annuncio di un nuovo titolo Remedy ed alla conferma che Forza Motorsport 5 arriverà su Xbox One. Un vero peccato che poi sia mancata la sostanza: le sequenze In-Game. Troppo fumosi i trailer, troppo vicini per filosofia a quei “Target Render” che tante volte hanno fatto più danni che altro.
E le terze parti? EA presenta il suo engine e Activision lascia intravedere il nuovo Call of Duty Ghosts, ma entrambi i publisher non hanno materiale da far girare “live” sugli schermi della conference. I contenuti in esclusiva temporale per la nuova console non bastano per rinfocolare una platea ormai tiepida.

"Xbox, disappoint me"

E' presto, in sostanza, per trarre conclusioni sul futuro di Microsoft e sul suo rapporto con le storiche rivali. Sarà dopo la conferenza di Los Angeles che potremo capire qualcosa di più sulla proposta prettamente ludica di Xbox One. Sembra però ormai assodato che Microsoft guardi al mondo videoludico come ad un mercato un po' troppo asfissiante e poco globalizzato.
Che l'azienda di Redmond voglia spostare l'attenzione dal Gaming all'Entertainment lo dimostra chiaramente anche l'annuncio di un Serial TV dedicato ad Halo: qui non si tratta più di prendere un brand e fargli travalicare i confini del medium su cui è nato. Qui si tratta di spostarsi su nuovi prodotti, calcare altre vie, inseguire (chissà poi con quale successo) la strategia di Netflix e del suo esorbitante House of Cards.
Alla stessa maniera la mancanza di una politica di revisione del servizio Live è un segnale forte: mentre Sony con il suo PlayStation Plus parla ai giocatori e solo a quelli, Microsoft continuerà sostanzialmente a “tassare” l'accesso al suo media center (perchè ormai la qualità dei servizi legati al gioco online non giustifica i prezzi non propriamente popolari del Gold).

La prosecuzione di una politica ben avviata ed evidente già da un paio d'anni non è una tragedia: Microsoft ha le carte in regola per far bene, vendere la propria console ad un determinato tipo di pubblico, e generare così un bel po' di “Cash Flow” utile a mantenere i propri team di sviluppo, lavorare su nuove IP, potenziare i propri brand. Quello che avremmo chiesto noi giocatori è un po' d'attenzione in più anche in questa occasione, perchè è da qualche tempo che ci sentiamo un po' bistrattati, messi in disparte, tenuti “sospesi” grazie a qualche prevedibile esclusiva (Forza Horizon, Gears of War Judgement) ma ancora privati di quella scintilla che, dopo una generazione interminabile, possa farci rinnamorare delle nostre passioni.
Prima di chiudere, un ulteriore appunto sulle strategie comunicative di questa conferenza. Oggi Microsoft ha fatto marketing nel peggiore dei modi, parlandosi addosso con una retorica stantia e vuota. Tutto era rivoluzione, tutto era unità. Tutto era superlativo, in una litania espressiva di rara mestizia, pronta ad esibire i consueti “comes alive”, “push the boundaries”, “by gamers for gamers”. Gli applausi su commissione, proprio come quelli della conference E3 nel 2006, proiettano un'ombra scura sulla capacità dei reparti marketing di fare comunicazione pungente e creativa; popolare ma penetrante. Su questo fronte c'è molto da lavorare.