Zombie Army: la storia della saga, dal primo capitolo fino a Dead War

Nato da una costola della serie Sniper Elite, il progetto Zombie Army è cresciuto fino a ritagliarsi uno spazio tutto suo nel mercato videoludico.

Zombie Army: la storia della saga, dal primo capitolo fino a Dead War
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  • Xbox One X
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  • Nel panorama videoludico non sono rari i casi in cui nuove serie, o addirittura generi inediti nascano da una costola di titoli più blasonati, oppure si evolvano in maniera inaspettata ed esponenziale partendo da concept e ambizioni più contenute. E così uno scalpitante DLC di Hollow Knight si trasforma in un seguito a tutti gli effetti (come potete leggere nella nostra anteprima di Silksong, uno degli indie più attesi del 2020), mentre una mappa personalizzata di Warcraft 3 spalanca le porte all'ingresso prepotente di un intero nuovo genere come quello dei MOBA. La stessa sorte è capitata alla serie Zombie Army, nata come semplice spin-off sopra le righe del ben più morigerato Sniper Elite V2, un esperimento che cercava di coniugare, senza troppe pretese e con una forte anima trash, due dei super-cattivi più iconici del mondo videoludico: zombie e nazisti. Inizialmente doveva essere una sorta di rilettura delle divertenti avventure co-op della popolarissima modalità zombie di COD, da distribuire sotto forma di contenuto aggiuntivo per i giochi principali della serie. Ma le cose si sono evolute in maniera decisamente inaspettata.

    L'unione fa la forza in Zombie Army

    Pad alla mano si fa davvero fatica a credere che quell'orda di zombie nazisti sia mossa dallo stesso motore di Sniper Elite V2, un gioco serio e inquadratissimo, fieramente di nicchia e saldamente attaccato al proprio marchio di fabbrica: le uccisioni a raggi X. L'approccio al primo Zombie Army è quasi straniante, perché i cambiamenti apportati alle meccaniche di movimento e di shooting durante questa transizione sono pochissimi, quasi impercettibili.

    Ad alterare in maniera così importante il feeling complessivo dell'impianto ludico sono piuttosto il contesto e i ritmi di gioco: da una parte abbiamo quelli compassati del riflessivo Sniper Elite, dall'altra quelli più rapidi dettati dalle orde incalzanti di Zombie Army. Le eliminazioni a raggi X, per quanto se ne possa aumentare leggermente la frequenza attraverso un'apposita opzione, sono indubbiamente ridotte, e il focus appare del tutto spostato sulla cooperazione e sulla propria capacità di sopravvivere in un mondo decisamente più ostile.

    La scelta più curiosa, forse effettuata in virtù della necessità di "riciclare" (le virgolette sono d'obbligo, dato che all'epoca si trattava di un vero e proprio DLC) quanti più asset e meccaniche possibili dal prodotto originale, è stata quella di mantenere il focus sull'utilizzo del fucile da cecchino, sulla carta non esattamente lo strumento più adatto a contrastare l'incedere furibondo delle armate non-morte del redivivo Hitler. Prendere la mira, trattenere il respiro e prendersi il tempo necessario per cercare la fucilata perfetta non è certo la soluzione ideale quando si è accerchiati da mostri e si hanno pochi secondi per reagire.

    Eppure, per qualche motivo, calato in un simile contesto questo approccio sembrava funzionare a dovere, e accentuare ancor di più la già altissima carica di tensione. Al pari della scarsa mobilità e della poca agilità nei movimenti, questo aspetto non fa altro che esaltare le dinamiche di gruppo, rendendo praticamente obbligatorio essere accompagnati da tre commilitoni umani: per resistere a un assedio dai ritmi serrati con un gameplay così ponderato, non si poteva infatti prescindere dall'aiuto altrui, ed era necessario coprirsi le spalle a vicenda evitando di farsi cogliere alla sprovvista. La guerra silenziosa di Sniper Elite si era inequivocabilmente trasformata, sfociando in una chiassosa pioggia di proiettili e schiamazzi, ma l'importanza del posizionamento e l'impronta tattica del gioco, in realtà, sono rimaste completamente invariate. Cambiano le strategie e il flusso degli eventi, insomma, ma non il risultato finale.

    Guerra mondiale zombie

    L'epopea targata Rebellion ha inizio nel lontano Aprile 1945, durante gli ultimi giorni della seconda guerra mondiale. Berlino è in procinto di cadere e con essa tutte le brame di potere del führer. In netta contrapposizione con gli eventi reali, però, la narrazione alternativa del team inglese prova a mescolare le carte in tavola immaginando, così come accadeva anche nel reboot della serie Wolfenstein, un possibile esito alternativo in cui a fare una brutta fine non sono le truppe tedesche, ma gli alleati.

    La variante proposta da Zombie Army si discosta però in maniera abbastanza netta dalla narrazione del prodotto curato da MachineGames, mettendo nelle mani di Hitler un'arma decisamente inaspettata: la possibilità di riportare in vita i caduti delle forze armate tedesche sotto forma di famelici e apparentemente inarrestabili zombie. Questa sintetica premessa narrativa serve a fare da collante per tutte le avventure di Karl Faireburne (già protagonista di Sniper Elite), Boris Medvedev e compagni, donando alle nostre scorribande una propria ragion d'essere.

    Nonostante la mancanza di particolari innovazioni, lo spin-off aveva saputo creare un'interessante variazione sul tema, introducendo nella serie Sniper Elite una discreta ventata d'aria fresca. I primi due episodi della nostra epopea da ammazza zombie hanno gettato le basi per qualcosa di più grande, e visto l'alto gradimento e gli apprezzamenti degli appassionati, il team inglese ha giustamente pensato di slegare la neonata serie da quella principale, accorpandovi una terza parte inedita e dando vita alla ben più nota Zombie Army Trilogy.

    Tale aggiunta va ad amalgamarsi senza soluzione di continuità con il resto dell'arco narrativo, cercando di donare al prodotto finale un rinnovato senso di completezza. Lo stesso si può dire dell'impianto ludico, completamente immutato rispetto a quanto visto nei primi due capitoli datati 2013, benché rinvigorito dalla nuova dimensione raggiunta dalla serie. Quello messo in piedi da Rebellion era un pacchetto contenutistico di tutto rispetto, che pur continuando a soffrire in maniera evidente gli acciacchi dell'età e non mancando di mettere in mostra qualche carenza di troppo, si era dimostrato capace di garantire ore ed ore di sano divertimento.
    Zombie Army ha dunque iniziato a vivere di vita propria, smarcandosi da una saga principale estremamente di nicchia e meno appetibile per il grande pubblico.

    Forte dei suoi quindici capitoli (cinque per ciascun "episodio") la nuova collection iniziava, nonostante l'anzianità di buona parte dei contenuti che la compongono e una genesi abbastanza tribolata, ad assumere i connotati di un meritatissimo nuovo inizio. Ciononostante, lo scarto qualitativo con altre produzioni dell'epoca continuava logicamente ad essere abbastanza evidente. Il titolo presentava un gameplay efficace ma ancora piuttosto basilare, abbandonando inoltre ogni velleità stealth presente della saga da cui nasce, forse ritenuta inadatta ad un contesto simile.

    Il divertimento non derivava tanto dalla varietà di situazioni, ben lontana dall'essere il punto forte della produzione, quanto piuttosto dall'incredibile soddisfazione ricevuta ad ogni uccisione, ad ogni smembramento. Un divertimento in cui le uccisioni speciali - al netto del loro già citato ridimensionamento - facevano sicuramente ancora la loro parte.

    Anche le rare scene d'intermezzo erano appena abbozzate, ma poco importa: la verità è che in un gioco del genere, così morbosamente attaccato alla propria natura cooperativa e all'infinita gara a chi portava a compimento il maggior numero di uccisioni, la presenza di intermezzi troppo invadenti sarebbe potuta persino risultare fastidiosa. Il discorso si faceva invece un po' meno roseo andando ad analizzare il level design, uno degli elementi meno virtuosi della produzione (e, non a caso, uno di quelli che ha ricevuto maggiori attenzioni durante lo sviluppo del quarto capitolo).

    A rendere poco accattivanti gli scenari era soprattutto la mancanza di dettagli: si trattava perlopiù di piccole arene da affrontare in rapida successione, delimitate spesso e volentieri da blocchi invisibili o improvvisati muri di nebbia.
    A chiudere il cerchio, poi, c'era l'intramontabile "orda", una modalità tanto semplice quanto funzionale alla massimizzazione del potenziale cooperativo del titolo.

    Il concetto sicuramente non era nuovo, basti pensare all'utilizzo intensivo che titoli come Gears of War o il già citato Call of Duty ne avevano fatto durante la seconda metà del decennio precedente, ma il modo in cui completava l'offerta ludica della Zombie Army Trilogy era davvero incredibile. Si trattava di una modalità piuttosto semplice, caratterizzata dalla necessità di eliminare ondate di nemici sempre più pericolosi, inframezzate da brevi pause in cui prender fiato. Anche in questo caso, la presenza di tre compagni d'armi era caldamente raccomandata.

    Chi muore si rivede

    Zombie Army 4 Dead War rappresenta la prima incarnazione completamente autonoma e autosufficiente della serie, punto di partenza di un nuovo corso di eventi, postumo alla trilogia originale e completamente sviluppato da zero (sebbene utilizzi comunque lo stesso motore di Sniper Elite 4). La premessa narrativa è semplice e, assecondando la natura folle e grottesca dell'intera produzione, quasi scontata. Dopo aver combattuto le armate non-morte di Hitler, stavolta ci tocca fronteggiare l'esercito di Hitler zombie.

    La transizione verso il nuovo capitolo è stata perlopiù indolore: pochi sono stati gli scossoni capaci di disorientare i fan di vecchia data, i quali si ritroveranno sicuramente a loro agio all'interno delle nuove mappe italiane. A far percepire il netto distacco tra passato e futuro sono piuttosto gli ammodernamenti apportati all'interfaccia utente, l'introduzione di una barra della vita tradizionale, con tanto di kit medici (i vecchi capitoli utilizzano la rigenerazione automatica come buona parte degli FPS moderni), e il più ampio respiro delle ambientazioni.

    Le intricate mappe italiane sono ricche di anfratti, capanni ed edifici di vario genere in cui intrufolarsi o, come più spesso accade, da cui gruppi di nemici possono uscire all'improvviso. Tutto ciò aumenta in maniera esponenziale la profondità del prodotto, elevandolo nettamente al di sopra del predecessore e, in generale, della concorrenza. D'altronde, nel frattempo altri team hanno provato la via del cooperativo in terza persona a base di zombie.

    Nonostante le buone intenzioni e alcune trovate interessanti, però, neanche il discreto World War Z (uscito diversi mesi prima di Dead War) sembra in grado di tener testa al prodotto di Rebellion, decisamente più corposo e divertente del collega di Saber Interactive.

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