Speciale Funny Games

Breviario semiserio dell'ironia videoludica

Speciale Funny Games
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Suvvia, ammettiamolo. Diventare paladini dell'umanità, ultimi baluardi di una razza in via d'estinzione o agenti segreti in grado di sopravvivere ad un intero esercito di terroristi programmati per ucciderci è parte di quel fascino dell'impossibile che ci spinge a videogiocare.
    Sostenere una tale mole di impegni virtuali, però, può portare a un sovraccarico cerebrale di atteggiamenti e frasi da film d'azione di serie B. Anche il più accanito sostenitore delle qualità artistiche e narrative del videogioco, infatti, dovrà a malincuore ammettere come molte delle sceneggiature dei titoli contemporanei si siano rivelate poco più che una sequenza di stereotipi e momenti talmente scontati da provocare più di uno sbadiglio da parte del pubblico pagante. Come non apprezzare, allora, quando un gioco riesce a non prendersi sul serio? Insieme ai momenti toccanti, alle rivelazioni sconvolgenti e alle lacrime per la perdita di un personaggio amato, anche le risate (solitarie o in compagnia) scoppiate davanti allo schermo rimangono tra gli attimi più indelebili della carriera di un videogiocatore. In occasione dell'imminente lancio di South Park: The Stick of Truth, che contribuirà sicuramente ad aumentare il numero di risate prodotte dai gamer di tutto il mondo, riscopriamo alcuni dei titoli che nel corso degli anni hanno fatto dell'ironia, più o meno volontaria, uno dei loro punti di forza.

    Fateci Ridere!

    Rimanendo nel campo degli RPG, uno degli esempi più riusciti di 'comedy-game' arriva direttamente da uno dei paesi principi dell'industria, che non perde mai occasione per mostrare al mondo la propria eccentricità; corre l'anno 1994, infatti, quando il Giappone è invaso dal secondo capitolo di una saga già nota per la sua irriverenza nei confronti di congeneri più blasonati come Final Fantasy o Dragon Quest: Mother 2: Gyiyg Strikes Back.

    Il principale merito di questo seguito di Mother è quello di elevare la sua formula ironica all'ennesima potenza, senza mai dimenticarsi quali siano le caratteristiche fondamentali per un buon gioco di ruolo, e trasportandola per la prima volta sul suolo americano sotto il nome di Earthbound. Grazie ad un processo di localizzazione decisamente ben curato (quantomeno per gli standard dell'epoca) il titolo Nintendo porta su SNES un'inedita ironia fatta di flatulenze, battute politicamente scorrette e parodie di molti degli elementi classici dei JRPG, ben prima che una tale formula fosse sdoganata dal successo planetario dei ragazzacci di South Park.
    A qualche leggero compromesso, a dir la verità, i giocatori americani dell'epoca dovettero scendere (come nel caso del 'restyling' subito dal culto degli 'Happy Happyist' per diversificarli in modo sensibile rispetto al purtroppo rinomato Ku Klux Klan), ma il risultato finale riuscì comunque a far ascrivere il nome di Earthbound nella leggenda, protratta negli anni anche grazie alle più recenti edizioni per Game Boy Advance e Wii U Virtual Console.

    Sempre in tema di localizzazioni, anche il nostro Bel Paese ha conosciuto alcuni esempi di 'porting' linguistici particolarmente ironici: il primissimo esempio che ci torna alla mente è quello di un Final Fantasy IX nel quale, per meglio caratterizzare i vari personaggi incontrati durante l'avventura, gli addetti alla traduzione italiana vollero utilizzare lo stesso metodo sfruttato nella versione giapponese del gioco, donando a molti dei personaggi accenti e modi di dire provenienti da ogni parte dello Stivale. Il risultato divise l'utenza tra giocatori a favore ed altri contrari a questa particolare implementazione di slang 'territoriali' (forse resa meno efficace dalla mancanza di un doppiaggio a supporto del testo) ma, senza dubbio, entrambe le categorie risero di gusto non appena visti i propri compagni d'arme alle prese con versioni volutamente esasperate del dialetto romano, sardo o siciliano.

    Sicuramente più persuasivo il caso di Medievil che, qualche anno prima del titolo Squaresoft, aveva già tentato questo tipo di esperimento, regalando però al tutto un doppiaggio in grado di mettere tutti quanti d'accordo: era infatti sinceramente difficile resistere al grido di aiuto dei poveri prigionieri dal forte accento bergamasco nel livello 'Le Rovine Infestate Dai Fantasmi', o ad altri tocchi di classe sonori sparsi qua e là per i livelli. Come in innumerevoli altri titoli, una qualità della recitazione a tratti decisamente lontana dai livelli ai quali l'industria ci ha attualmente abituato, non faceva che aggiungere un ulteriore livello di goffaggine al tutto.

    Molto più recente è invece il caso delle 'Fate' di Ni No Kuni: come nel caso della nona fantasia finale di Square, anche nel capolavoro di Level-5 e Studio Ghibli il fedele compagno del protagonista, Drippy (Shizuku nell'originale giapponese e Lucciconio nella versione nostrana), è stato magistralmente caratterizzato e doppiato utilizzando uno spassosissimo accento di Osaka e, nella versione europea, un ancor più esilarante slang Gallese, in grado di far sorvolare a suon di risate anche i meno convinti sulla scelta di utilizzare il gergo tipico del dialetto romano come accompagnamento testuale per i suoi buffi sproloqui.
    Se l'RPG, insomma, è uno dei generi nei quali la vena ironica degli sviluppatori riesce maggiormente ad affiorare probabilmente lo dobbiamo anche ad un'importanza assolutamente centrale della componente narrativa al loro interno: nessuno infatti si permetterebbe mai il lusso di 'tediare' i giocatori per decine e decine di ore solamente con relazioni sofferte, dolorose separazioni ed epici discorsi del saggio maestro di turno.
    L'importanza di un personaggio 'leggero', o comunque di una vena scherzosa, a corredo dell'avventura è dimostrata, ahinoi, da una delle ultime fatiche di Square Enix nella quale un'algida Lightning abusa per quasi tre interi capitoli della pazienza del giocatore: è ancora efficace, ci chiediamo, presentare nel 2014 protagonisti così poco strutturati, e dallo spessore pari a quello un foglio di carta, i cui dialoghi e le cui espressioni più sfruttate sembrano esprimere un 'io neanche volevo farlo il protagonista!'.
    D'accordo l'epicità, sempre ottima una forte caratterizzazione, ma oltre ad una sempre più realistica rappresentazione dei nostri alter-ego dovuta a potenze di calcolo sempre maggiori di schede grafiche e console, non è forse arrivato il momento di delinearne anche una complessità caratteriale ed emotiva maggiore, rendendo i nostri beniamini simili a persone reali anche sotto questo punto di vista? E cosa meglio di un po' di semplice autoironia, efficacemente in contrasto con un tono epico generale, può aiutare a rendere più 'vero' il nostro personaggio preferito?
    Modelli di questo tipo, ovviamente, sono già riscontrabili in molti titoli (Bravely Default, della stessa Square Enix, ne è un ottimo esempio) e speriamo che sempre più sviluppatori vogliano perseguire questa strada, senza far mancare un sorriso al giocatore tra un dungeon e l'altro.
    Spesso e volentieri, comunque, accade che le situazioni più esilaranti all'interno di un in videogioco siano anche quelle totalmente involontarie e impreviste, tanto dal giocatore quanto dai designer stessi. In questo settore la saga di GTA, ed i sandbox in generale, hanno letteralmente fatto scuola: oltre ad una sequenza di storie e cutscene deliranti ed esilaranti, infatti, il titolo Rockstar è da sempre la fucina perfetta per salti, esplosioni, incidenti ed uccisioni tra le più spassose, come dimostra una semplice ricerca su YouTube o affini.

    Tra i titoli che hanno fatto della commedia un leit-motiv della propria narrazione è impossibile non ricordare anche il leggendario God Hand. Il titolo Capcom infatti accompagnava ad una struttura di primissimo livello (e ad una difficoltà decisamente sopra la media) una compilation di mosse speciali e gag all'interno delle sue sequenze di intermezzo in grado di riportare alla mente i più esilaranti tra i film d'azione o 'maneschi' che hanno accompagnato l'adolescenza di qualsiasi giocatore, nonché un rimando all'umorismo classico da 'comica'.
    Come anticipato in apertura, uno degli esponenti sicuramente più promettenti dal punto di vista umoristico del prossimo futuro è invece letteralmente dietro l'angolo: dopo la nostra prova con mano, non possiamo infatti che attendere South Park: The Stick of Truth anche per la sua spiccata componente comica, così come ogni fan della sua fonte d'ispirazione.

    Oltre che ad una fedeltà assoluta sotto il profilo tecnico, infatti, Stick of Truth riporta in modo perfetto l'irriverente comicità tipica dei creatori della serie Matt Stone e Trey Parker all'interno di un genere che spesso, come detto, ama prendersi troppo sul serio, ridiscutendone regole e capisaldi: a soprannomi epici come 'Dragonborn' o 'il prescelto' preferirà quindi un più schietto 'Douchebag' ('coglionazzo', nella traduzione italiana) ed altri epiteti con i quali Cartman si divertirà a chiamare il giocatore ad ogni cambio di livello, così come non si esime dal far ricadere la scelta di far impersonare il bardo locale al buon Jimmy Valmer, unico ragazzino balbuziente dell'intero lotto, con ovvie e spassose ripercussioni sull'efficacia delle sue canzoni. La risata, insomma, in un mondo come quello videoludico è sempre dietro l'angolo, ma forse rimane un'arma ancora poco sfruttata da parte degli sviluppatori: siamo infatti sicuri che ognuno di voi sia stato, nella propria personalissima carriera di gamer, testimone di molti momenti forti o commoventi, in grado di toccare quelle particolari corde che, se smosse nel modo giusto, possono addirittura far diventare gli occhi più lucidi del dovuto.
    Con questo piccolo articolo ricco di ricordi ed esperienze, vorremmo però aiutarvi ed invitarvi ad aprire il vostro di armadio della memoria, per condividere con noi i momenti indimenticabili in cui uno o più titoli in particolare sono riusciti nell'impresa di portarvi alle lacrime: questa volta, però, dalle risate.

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