Il Miglior Videogioco della Generazione

Utenti e redazione di Everyeye.it eleggono il Gioco della Generazione in corso

Il Miglior Videogioco della Generazione
Articolo a cura di

Le generazioni non finiscono mai di colpo. Fra l'una e l'altra si estende una sorta di limaccioso interregno, in cui i giganti del tempo che fu condividono con le avanguardie dei "nuovi nati" il proprio, pesantissimo bagaglio di ricordi, esperienze e rimpianti.
Sarà così anche per questa eterna generazione videoludica, che si spegnerà poco a poco, lentamente, tenuta in piedi dai titoli cross-gen che ci accompagneranno per tutto il 2014, e ancora da quei prodotti arrivati un po' fuori tempo, con l'affanno cronico dei ritardatari.
E' difficile, insomma, tracciare una linea e decidere quando si conclude un'epoca. Anche perché, in fondo, ogni generazione comincia come lo specchio della precedente, trascinandosi dietro tendenze, ossessioni, rifiuti e speranze di chi l'ha preceduta.
Procedendo cauti in questa grigia "terra di nessuno", ponte fra un passato titanico ed un futuro che speriamo possa essere luminoso, arriva comunque il momento dei bilanci: il giorno in cui guardarsi indietro, cercando all'orizzonte i picchi più alti raggiunti durante il cammino.
Fin da subito, noi di Everyeye.it abbiamo voluto farlo assieme ai nostri lettori: decisi ad eleggere il miglior gioco della generazione, abbiamo dato largo spazio alle vostre opinioni, organizzando una serie di sondaggi che, lentamente, ci hanno portato alle fasi finali ed alla proclamazione di un vincitore. Ovviamente anche noi della redazione abbiamo pensato di scegliere il nostro "Game of the Generation": quel titolo che pensiamo possa meglio rappresentare il lascito di sette anni di gaming.
Come per tutte le scelte, sia quella dei lettori che quella dello staff rappresentano solo uno dei tanti punti di vista con cui può inquadrare e leggere il mercato. Ed è dall'incontro di queste prospettive con quelle di tutti voi che può nascere, come sempre, un tessuto di discussione rispettoso delle mille sfaccettature dell'immenso panorama del gaming. Speriamo quindi che vogliate farci sapere la vostra opinione, rispettando sia quella del "pubblico" che quella della redazione.
Buona lettura, e che possa essere una nuova stagione di giochi meravigliosi.

Premio degli utenti: The Last of Us

I lettori non sembrano aver avuto troppi dubbi, nell'eleggere l'ultimo capolavoro firmato Naughty Dog come il gioco più rappresentativo di questa generazione. The Last of Us, inutile girarci intorno, è una delle più importante conquiste del gaming contemporaneo, un titolo capace di portare ai massimi livelli narrazione e coinvolgimento emotivo.
Nel sondaggio della finale, l'avventura di Joel ed Ellie ha letteralmente schiacciato il secondo arrivato (Red Dead Redemption), staccando poi di diverse lunghezze tutti gli altri finalisti, da Bioshock a Grand Theft Auto V (la classifica completa la trovate a questo indirizzo).
Sull'enormità di The Last of Us, sulla sua importanza nel panorama del gaming moderno, e più in generale sulla dimostrazione lampante di una maturità tematica e artistica senza precedenti, davvero pochi potranno dissentire. Naughty Dog ci ha consegnato un titolo esorbitante, inarrivabile per concentrazione e sviluppo del plot, dei personaggi e dell'ambientazione. Ancora più di Beyond, The Last of Us è riuscito a valorizzare la performance degli attori digitali, per costruire finalmente dei protagonisti duri, spietati, brutali, ma soprattutto mai statici: capaci anzi di evolversi in maniera credibile e coerente all'interno di un plot stellare. Una storia toccante, diretta, ammantata da un cinismo desolante e capace di spingersi a sondare i meandri più oscuri dell'egoismo, della speranza e dell'amore: dei sentimenti,cioè, che muovono ogni vita.
Le questioni tecniche e imperfezioni dell'Intelligenza Artificiale sono in fondo questioni di poco conto: perchè -soprattutto in questa sede- non è la perfezione che conta, ma l'insieme, ed il lascito ludico ed emotivo del titolo che è stato eletto.
L'eredità di The Last of Us, insomma, è sicuramente fra le più preziose che la nuova generazione potrà raccogliere. Anche il gameplay funziona, coinvolge e cattura, intrecciando elementi stealth, action e survival in una commistione che riesce a valorizzare azione ed esplorazione, ma che lascia soprattutto una forte libertà interpretativa al giocatore.
L'assegnazione del premio, insomma, è più che comprensibile: The Last of Us è, senza ombra di dubbio, un eccezionale punto d'approdo, e il miglior esponente del filone narrativo del videogame. Un titolo che non ha paura di usare i mezzi propri del videogame per raccontare una storia, reclamando una discreta originalità anche sul fronte delle risorse espressive. Naughty Dog merita tutti gli applausi a scena aperta, i tributi e le celebrazioni di questi ultimi mesi. E per molti, sarà proprio il simbolo incorruttibile di una generazione ormai avviata sul viale del tramonto.

Premio della redazione: Red Dead Redemption

In Red Dead Redemption c'è davvero tutto. C'è la solitudine, c'è il dolore, e c'è lo scacco esistenziale di una generazione irrequieta, indomita, scalpitante. C'è il senso di vuoto e lo smarrimento, e l'urgenza (terribile, travolgente, trascinante) di nuove avventure.
L'epopea di John Marston è uno dei momenti più alti nella carriera di Rockstar, un capolavoro senza paragoni, al tempo stesso calcolatissimo e dispersivo, immenso eppure focalizzato. La strana magia di Red Dead Redemption è legata soprattutto al rapporto che si instaura fra ambientazione e giocatore: rispetto ai Free Roaming che l'hanno preceduto, il titolo riesce nel compito apparentemente impossibile di costruire un mondo denso, inesauribile, letteralmente costellato di attività ed eventi puntiformi, che in un modo o nell'altro invischiano il giocatore, lo catturano, spronandolo ad esplorare con curiosità vorace ogni angolo delle bellissime ambientazioni.
Anche quando la presenza della trama si fa meno avvertibile, ed il tessuto di gioco più rarefatto, Red Dead Redemption incanta con le sue atmosfere quasi mitologiche: la notte che si estende silenziosa sugli altopiani del Messico, il sole che tramonta dietro alle rocce dei canyon, e le distese vergini in cui cominciano ad intravedersi le cicatrici del progresso.
In questa sua coerenza a volte spietata con l'ambientazione scelta, quella cioè di uno West non più "selvaggio" ma solo "imbarbarito", e pronto a farsi lacerare dei treni e dalle automobili, si comincia ad intravedere anche il senso profondo di una narrazione sempre ben tenuta, eterogenea ed esagerata, capace di esplorare un numero di registri davvero impressionante.
Si comincia cioè a capire che l'avventura di John Marston è in verità un discorso sul nulla a cui tendono certe esistenze, sulla fine stramazzante di epoche senza gloria. Il finale del titolo Rockstar - o meglio i tre finali che si susseguono ad un ritmo soffocante- sono semplicemente perfetti nella costruzione, e forse ancora imbattuti per impatto e risultati.
Probabilmente è proprio The Last of Us l'unico altro titolo che rivaleggia con la conclusione di Red Dead Redemption, e l'amore viscerale che i giocatori provano per questi due prodotti sembra una volta per tutte confermare che, nel videogame, i rapporti di forza fra incipit ed explicit sono diametralmente opposti a quelli della letteratura: da una parte è l'inizio, la soglia, l'entrata in un mondo che comincia ad esistere con la prima parola, il luogo in cui si assiepano tensioni e scariche creative; dall'altra è la fine, il distacco, l'abbandono di un universo in cui -per qualche attimo- abbiamo creduto di poter vivere per sempre, il momento più carico di significati intimi e inafferrabili.
Sia quel che sia, il "discorso" di Red Dead Redemption si consuma nelle poche battute di Dutch, nei giorni tutti uguali che seguono il termine dell'avventura: quelli da cui ognuno vorrebbe scappare. E' nel rapporto fra la vita semplice e regolare del mandriano e quella -lontana, opaca, passata- da giustiziere spietato, che sta l'intimo segreto del titolo Rockstar. Tanto più denso e lancinante, quanto più piena sarà stata la nostra storia di giocatori.
Di nuovo: in Red Dead Redemption c'è davvero tutto. C'è la gloria e la caduta, la forza di andare avanti. C'è la consapevolezza che la vendetta ha come unico fine nient'altro che la vendetta. E c'è la malinconia che si prova sulla vetta del mondo: la stessa che il titolo Rockstar ha raggiunto, nei lunghi anni di questa generazione, e che adesso resta solo un segno lontano, stemperato nel colore del cielo, ma per sempre nei nostri ricordi.