Speciale Io e l'alieno

Cronistoria di un amore travagliato: Alien nel mondo videoludico

Speciale Io e l'alieno
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  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Per essere una tipologia di creature con la quale ancora non abbiamo avuto il benchè minimo contatto, gli alieni hanno già stravinto a mani basse il titolo di esseri più odiati dalla razza umana. La presunta (e probabile) superiorità tecnologica che li contraddistingue nell'immaginario collettivo, infatti, ne ha anche decretato, nella stragrande maggioranza dei casi, una bellicosità ed un odio più o meno gratuito verso l'umanità che da sempre sono stati la loro condanna. Qualunque sia la vostra personalissima top ten delle creature extraterrestri più famose, temibili ed odiate di tutti i tempi, nei piani alti di ciascuna classifica non mancherà certamente un posto d'onore per lo Xenomorfo più famoso dell'universo: portato alla ribalta nel lontano 1979 dalle geniali mente di Ridley Scott e H.R. Giger, Alien è un esempio quasi unico di trasversalità e longevità all'interno di un franchise che, seppur tra alti e bassi qualitativi non indifferenti, è riuscito nell'ammirevole impresa di spegnere trentacinque candeline in una forma ancora smagliante e, soprattutto, redditizia. Tra le decine di universi che hanno subito la poco pacifica invasione dei celebri alieni dal sangue acido, quello che qui ci interessa sviscerare è ovviamente quello videoludico (anch'esso costellato tanto da piccole perle senza tempo quanto da irreversibili buchi neri di gameplay). Ripercorriamo allora insieme alcune tra le più importanti tappe di un viaggio che, dallo spazio più profondo, è arrivato a toccare ogni sistema di gioco (o quasi) conosciuto sul pianeta Terra.

    PRIMO CONTATTO

    Il primo tentativo di riproporre in versione interattiva l'impari lotta tra l'uomo e lo Xenomorfo è datato 1982 e avviene su uno dei primi sistemi che consoliderà l'idea di 'console' che ancora oggi accompagna le sue più avanzate pronipoti: l'Atari 2600. In quella che diventerà una delle più bieche tradizioni dell'industria anche per tutti gli anni a seguire, la licenza cinematografica di Alien venne sfruttata per produrre un poco ispirato clone di Pac-Man nel quale, invece della tonda mascotte Namco, guidare una stilizzata Ripley nella raccolta/distruzione di tutte le pillole/uova aliene sparse per i labirinti che componevano i livelli di gioco, inseguita da tre esemplari di Xenomorfi pronti a farle la pelle. Le uniche 'concessioni' prese dagli allora sviluppatori del titolo, Fox Video Games, rispetto al classico gameplay ideato da Tohru Iwatani furono quelle di permettere alla protagonista l'utilizzo di un lanciafiamme, in grado di togliere temporaneamente di mezzo gli alieni a lei limitrofi, ed inserire una serie di bonus stage che attingeva a piene mani da un altro titolo entrato nell'Olimpo del Videogame come Frogger. Nonostante il riciclaggio più spudorato di formule di gioco già conosciute, ed il notevole sforzo richiesto alla fantasia del giocatore per riconoscere in quegli insiemi di pixel le creature conosciute all'interno della pellicola di Ridley Scott, il gioco ottenne un buon successo commerciale, che portò, due anni dopo, alla nascita di un'avventura grafica dal titolo omonimo: rilasciato tra il 1984 ed il 1985 nelle versioni per Commodore 64, ZX Spectrum e Amstrad CPC, il 'nuovo' Alien si affidò ancora una volta ad uno dei generi più in voga del periodo, dimostrandosi un titolo più fedele alla sua fonte di ispirazione, sia per una fase esplorativa più preponderante che per una resa grafica superiore rispetto al capostipite. L'anno successivo, il 1986, fu uno dei primi veri spartiacque per l'intero franchise: mentre sul grande schermo faceva la sua apparizione l'attesissimo secondo capitolo della saga cinematografica, Aliens (diretto da un altro Maestro della fantascienza come James Cameron e ancora oggi assoluto capolavoro del genere), sul fronte videoludico furono ben tre le riproposizioni della pellicola che i sistemi di gioco dell'epoca accolsero nei loro cataloghi: i due omonimi 'Aliens: The Computer Game' (sviluppati da Activision e Software Studios) ed 'Aliens' del 1987.

    Mentre i primi (pubblicati per C64, ZX Spectrum, Amstrad CPC, Apple II ed MSX) riproposero la classica struttura tipica delle avventure grafiche dell'epoca in un contesto leggermente più action, fu l'Aliens di SquareSoft (esclusiva MSX per il solo Giappone) ad avvicinare il franchise a quella che sarebbe stata la sua collocazione stilistica negli anni a venire: la proposta della software house di Tokyo, forse anche per andare maggiormente incontro ai palati dei giocatori nipponici, fu infatti un classico action/platform decisamente più dinamico rispetto alla concorrenza, arricchito dalla colonna sonora di Nobuo Uematsu e basato su una formula in grado di integrare scontri a fuoco e piattaforme che, nello stesso anno, fece la fortuna anche di un certo Contra.
    Nonostante il grande gap qualitativo e tecnico che separava il titolo Konami da Aliens, fu proprio quest'ultimo a traghettare il franchise nel periodo a cavallo tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, verso un'era totalmente nuova, tanto per gli implacabili Xenomorfi di Scott e Cameron, quanto per un'industria del gaming in pieno fermento.

    VENGONO FUORI DALLE FOTTUTE PARETI!

    Come in un curioso e simbolico cambio di testimone, fu proprio Konami ad inaugurare il nuovo decennio videoludico di Alien e soci, con un titolo che sfruttava due dei marchi di fabbrica della software house giapponese per l'epoca: l'action game e la piattaforma arcade. Dimostrando come la scelta dei titoli per i propri prodotti non fosse certamente la parte più dura del lavoro di una software house in quel periodo, Aliens invase le sale giochi di tutto il mondo già nel 1990 e la formula scelta si rivelò subito vincente: la potenza superiore delle schede grafiche dedicate al mercato arcade permise a Konami di rappresentare alieni e Colonial Marines con un livello di dettaglio e palette di colori fino ad allora inedite per la saga, all'interno di un classico shoot'em'up a scorrimento nel quale, anche in barba al concept stesso del film, si dovevano massacrare intere orde di Xenomorfi e boss di fine livello, fino ad uno scontro finale in grado di riproporre il famoso confronto tra Ripley (ai comandi dell'iconico mech di servizio giallo) e la possente Regina aliena.
    Dopo il tempestivo esordio della saga nel nuovo decennio, bisognerà attendere due anni prima che una nuova software house decida di mettere mano al nostro franchise fantascientifico; l'occasione arriva insieme all'uscita nei cinema di un terzo episodio della saga per il quale l'hype aveva raggiunto livelli stratosferici: i primi a cogliere la proverbiale palla al balzo furono Probe Entertainment ed Acclaim che, tra il 1992 ed il 1993, svilupparono e pubblicarono tie-in basati sul film di David Fincher praticamente per ogni console casalinga e portatile dell'epoca. Il concept di base per questa nuova escursione videoludica di Ripley e compagnia aliena non si discostava molto da quanto già visto nei precedenti action/platform ad essi dedicati, se non per una maggior importanza della fase esplorativa che rendeva il risultato finale un mix di dinamiche in grado di portare alla mente titoli come Impossible Mission e Metroid. Sviluppato in più versioni e su piattaforme di diversa generazione, gli adattamenti sicuramente più riusciti di Alien 3 furono quelli che videro luce nel 1993 sulle allora ammiraglie a 16-bit di Sega e Nintendo, con un comparto grafico decisamente più favorevole alla versione Super Nintendo in termini di fluidità e definizione complessiva.

    Il terreno perso in territorio casalingo da parte della casa di Sonic venne però, nello stesso anno, recuperato sul suolo arcade con Alien 3: The Gun, che i frequentatori di sale giochi più 'anziani' ricorderanno con piacere per un cabinato facente sfoggio di due enormi fucili mitragliatori che, se non aiutavano il gioco ad elevarsi dalla sua struttura shooter piuttosto classica, quantomeno spingevano l'immedesimazione ben oltre il livello di guardia (nessuno infatti, anche senza inserire alcun gettone, poteva resistere al richiamo di puntare quelle bocche da fuoco allo schermo e dare sfoggio alle proprie abilità di rumorista improvvisato).
    Sulla scia del successo del controverso terzo capitolo cinematografico della saga, nel 1994 anche Capcom decide di buttarsi nella mischia adattando il franchise ad uno dei generi più in voga del periodo, aggiungendo alla formula un'altra tra le razze aliene più pericolose dell'universo e, da sempre, nemesi naturale di Alien all'interno di centinaia di crossover: Predator. Tralasciando il maldestro tentativo di Activision (pubblicato l'anno precedente su SNES), Alien Vs. Predator si aggiudica a mani basse il titolo di miglior beat'em'up a scorrimento avente per protagonista il dinamico duo, diventando all'istante un classico del genere che, purtroppo, non venne mai convertito su nessun sistema casalingo dell'epoca o futuro. Nonostante ciò, il 1994, fu un anno da ricordare per i possessori di una home console tra le più sfortunate della storia dell'intera industria, l'Atari Jaguar: proprio in quell'anno, infatti, venne realizzato da Rebellion il primo titolo del crossover tra Alien e Predator a sfruttare la struttura di gioco tipica degli FPS. Ancora oggi, questa versione di Alien Vs. Predator, viene ricordata come uno dei pochissimi buoni motivi per possedere un Atari Jaguar nella propria collezione di console, raggiungendo, per un'eventuale versione intonsa o in buone condizioni, un discreto valore sui maggiori siti di aste online.

    Da quel momento in poi, complice anche il sempre più dilagante successo del genere, lo sparatutto in prima persona si impone come il genere nel quale Alien si sente più a casa (o meglio, nel nido), ed il primo esponente del franchise a sbarcare nel 1996 su Playstation e Sega Saturn ne rivela i motivi principali: Alien Trilogy, sviluppato dalla rediviva accoppiata Probe/Acclaim, si presenta infatti come un viaggio lungo i primi tre episodi della saga cinematografica, in grado di fornire un livello di immedesimazione e di terrore mai conosciuto prima nella storia videoludica del franchise. Favorito dalla potenza e dalla qualità grafica dei nuovi sistemi basati sulla tecnologia CD-Rom, lo sparatutto di Probe si rivelò una delle maggiori sorprese di quell'inverno e un titolo finalmente in grado di riproporre l'atmosfera dei film in tutta la sua angosciante claustrofobia; aiutato, in questo caso, anche da un accompagnamento sonoro di primissima qualità. Dopo questo brillante exploit, bisognerà aspettare la fine del decennio per ritrovare Alien (ancora in compagnia del suo ormai fedele compagno Predator) all'interno di un nuovo gioco: corre l'anno 1999, infatti, quando Rebellion pubblica il suo Aliens versus Predator, consegnando ai fan l'ennesimo first person shooter che, pur dividendo la critica, presenta all'interno della sua campagna un interessante variazione sul tema: questa è infatti divisa in tre sezioni distinte, ognuna delle quali calerà il giocatore nei panni rispettivamente di un Colonial Marine, un Alien ed un Predator, costringendolo a cambiare approccio al gameplay in base alle varie risorse o capacità del suo alter-ego. Inutile dire che giocare nei panni del Marine, in balìa dei ben più potenti alieni, si rivelerà la più traumatica delle tre porzioni di gioco e un'esperienza che ogni appassionato dovrebbe provare almeno una volta nella propria vita di gamer.

    RESURREZIONE?

    In campo cinematografico, intanto, nello spazio temporale che separa Alien Trilogy da Aliens versus Predator, la saga conosce, nel 1997, il suo quarto capitolo ufficiale: Alien Resurrection. Nonostante la disastrosa accoglienza di pubblico e critica ricevuta dal film di Jean-Pierre Jeunet, l'inizio del nuovo millennio porta con se l'obbligatorio tie-in, questa volta targato Argonaut Games: nonostante la visuale in prima persona, questa volta l'enfasi è maggiormente spostata verso la componente action ed esplorativa, relegando gli scontri a fuoco ad aspetto secondario della struttura di gioco e ponendo ancora una volta al centro dell'esperienza l'atmosfera dei film. L'anno successivo, il 2001, segna invece il ritorno del 'franchise-nel-franchise' Alien versus Predator: il suo secondo capitolo, conosciuto semplicemente come Alien versus Predator 2, viene affidato a Monolith Productions (uno dei team di sviluppo più quotati dell'epoca grazie al lavoro svolto con il precedente No One Lives Forever), che ripropone la stessa struttura del primo episodio aggiungendo un'interconnessione, a livello narrativo, tra le tre diverse sezioni della campagna dedicate, ancora una volta, ognuna ad specie differente. Successivamente, tramite l'espansione Primal Hunt, Monolith aggiungerà addirittura una quarta razza controllabile dal giocatore, quella dei Predalien, nata dalla fusione tra Predator ed Alien.

    Un Predalien è sostanzialmente un Alien con le treccine.


    L'ingresso nel nuovo millennio è accompagnato anche da una fase di sperimentazione all'interno del franchise, nella quale molte delle software house impegnate nel suo sfruttamento ne testeranno la bontà anche in generi fino ad allora inesplorati, con risultati, purtroppo, tutt'altro che rosei: è il caso, ad esempio, oltre che di tutta una serie di titoli dedicati al mercato sempre più in crescita degli smartphone, dello strategico in tempo reale Alien versus Predator: Extinction (portato su PS2 e Xbox da Electronic Arts nel 2003) nel quale un concept interessante (controllare un interno sciame di Xenomorfi lungo una serie di classiche missioni 'ad obiettivo') dovette fare i conti con un sistema di controllo ancora poco avvezzo al genere, un gameplay poco vario ed una realizzazione tecnica sotto la sufficienza.

    Ancor peggio di Electronic Arts riuscì a fare Rebellion nel 2007 con il pessimo Alien vs. Predator: Requiem, action game in terza persona per Playstation Portable in grado di toccare uno dei punti qualitativamente più bassi di tutto il franchise, praticamente sotto qualsiasi aspetto. Andò meglio, ma non di moltissimo, ai ragazzi del team di sviluppo inglese quando nel 2010, in occasione del terzo capitolo della serie, lo sviluppo di Alien versus Predator tornò nelle loro mani: quello che ne nacque fu però l'ennesimo sparatutto in prima persona, tecnicamente poco ispirato e nel quale anche quella che una volta poteva essere considerata come sua caratteristica più distintiva (il controllo diretto di un Alien, un Predator ed un Marine in tre diverse fasi della campagna) cominciava a sentire il peso degli anni, lasciando critica e pubblico pressoché indifferenti.

    IL FUTURO DELLA SPECIE

    Nonostante i mediocri (se non pessimi, in alcuni casi) risultati raggiunti dal franchise in questo primo decennio del 2000, la sua potenza a livello di marketing non sembrò subire alcun calo, tant'è che già nel 2011 un nuovo episodio fece la sua comparsa, per la prima volta su Nintendo DS: nonostante 'Aliens: Infestation', con la sua struttura da classico action bidimensionale, non sembrasse certo mirare a rivoluzionare o sperimentare meccaniche di gioco inedite, segnò quantomeno l'esordio di due team di sviluppo assolutamente 'vergini' nell'universo di Alien, e dal curriculum di tutto rispetto, come WayForward Technologies e Gearbox Software. L'attesa per un nuovo episodio delle avventure dei Marines più bersagliati dell'universo crebbe quindi in modo esponenziale, specialmente dopo l'annuncio da parte dei creatori dell'ottimo Borderlands di essere al lavoro su un titolo destinato ad aprire una nuova parentesi narrativa all'interno del franchise. L'anno immediatamente successivo al ritorno della saga sul grande schermo (con il 'prequel' Prometheus, dello stesso Ridley Scott) segna quindi anche un 'nuovo inizio' videoludico per essa che, però, non riesce a convincere in pieno gli utenti: è il febbraio del 2013, infatti, quando Alien: Colonial Marines sbarca su PC, Xbox 360 e Playstation 3 portando sulle sue spalle un carico di aspettative forse fin troppo eccessivo, dividendo ancora una volta critica e pubblico. La buona componente multiplayer ed una narrazione fedele alle linee guida dettate dalle versioni cinematografiche, non riuscirono infatti a far dimenticare un comparto tecnico poco affidabile e stranamente non all'altezza dei precedenti lavori Gearbox, allungando la già ricca lista di buone occasioni gettate al vento all'interno del franchise.

    Testimoni di tutto ciò sono una sequenza finale aperta a successivi sviluppi narrativi che, con ogni probabilità, non verranno mai tradotti in realtà da Gearbox e le stesse parole di Michael Biehn (il Caporale Hicks di Aliens, chiamato a contribuire in fase di doppiaggio) che, senza mezzi termini, definì la sua esperienza all'interno del progetto come noiosa e priva di alcuna passione, un "compitino svolto a sostegno di un nome celebre". Nonostante queste non certo incoraggianti parole di uno dei protagonisti della stessa serie cinematografica, e riguardanti uno dei progetti più ambiziosi del franchise in ambito videoludico, nel futuro di Alien sembrano poter trovare ancora spazio mouse, tastiere e joypad di ogni tipo: il particolarissimo stato in cui versa attualmente l'industria non sembra infatti concedere ai grandi nomi del publishing mondiale il lusso di ignorare, o lasciare nel dimenticatoio, uno degli universi di fantasia entrati ormai di diritto nella storia della fantascienza ed in grado di richiamare, ancora oggi, enormi folle di nuovi e vecchi appassionati.
    Se è vero che, come dice una delle più famose tagline della saga, nello spazio nessuno può sentirci urlare, speriamo quantomeno che, in presenza di una pratica e confortevole atmosfera, qui sulla Terra qualche benevolo sviluppatore abbia ascoltato le richieste di migliaia di fan, e sia pronto ad inserire il terrificante alieno di Scott e Giger all'interno di un nuova e più moderna pietra miliare del gaming. Nell'attesa, qui ad Everyeye.it, terremo un occhio particolarmente vigile sulle pareti.

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