Speciale Resident Evil 6 e i Paradossi Temporali

L'incipit di Resident Evil 6 stimola una riflessione più ampia sulla sceneggiatura dei videogame

Speciale Resident Evil 6 e i Paradossi Temporali
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Attenzione: questo non è un articolo che parla di Resident Evil 6. Non nel senso stretto del termine. Del titolo Capcom in arrivo la prossima settimana abbiamo già detto molto: riguardo alle campagne di Ada e Leon, riguardo all'abbandono definitivo dell'impostazione da Survival Horror, ed anche qualcosa sulla demo pubblica disponibile sui canali di distribuzione digitale.
    Qui parliamo d'altro. Ovvero: di paradossi e buchi di sceneggiatura.

    Non mi ricordo troppo bene

    Alcuni di voi avranno giocato a Killzone 3. Il titolo comincia con un attacco bello forte: il protagonista è vestito da Helgast, e deve infiltrarsi nella base operativa dei nemici. Le prime fasi fungono da tutorial esteso: con la scusa di farvi provare questa o quell'arma, gli ignari nemici ci portano al poligono di tiro, e così prendiamo confidenza con il sistema di mira ed il feeling generale dei controlli. Poi le cose vanno avanti in maniera un po' più rocambolesca: salta la copertura e volano proiettili. Proprio al culmine di questa incursione la scena si interrompe, e parte un lungo Flashback, di quelli composti e prevedibili, che ci porta indietro al tempo in cui “tutto è cominciato”.
    Da qui parte la (non troppo lunga) campagna di Killzone 3, forse un po' troppo frettolosa per scelte di regia ma abbastanza densa di scene epiche e spettacolari. Dopo molte ore di fatica si torna al punto di partenza: travestiti da Helgast, prendiamo la teleferica che ci conduce alla base arroccata sulle vette innevate di un monte.
    Il problema è che... le cose non vanno come sono andate la prima volta. Niente più sparatorie al poligono di tiro, niente incedere sospetto e guardingo: si percorrono altre strade, e si spara tanto, a tutti quanti.
    Ora, l'unico modo per giustificare narrativamente una cosa del genere è che la memoria del protagonista sia bucata almeno quanto i giubbetti antiproiettili dei nemici. Sarà stata la tensione, o una forma precoce di demenza. Oppure, chissà, i postumi di una sbornia (ma quello ce lo aspettiamo più dal devastato Max Payne).
    Insomma, se una cosa del genere succedesse in un film, la gente in sala tirerebbe i pomodori. Che in tanti si son lamentati dei buchi di sceneggiatura di The Dark Knight Rises, e qui siamo di fronte alla “fossa delle Marianne” degli screenplay.
    C'è un altro videogame che “gioca sporco” con il flusso della storia, ed è sempre un'esclusiva Sony: Heavy Rain. Fuggite immediatamente da questa pagina se non avete ancora giocato la creature di David Cage, perchè adesso arrivano degli spoiler belli grossi.
    Heavy Rain fa una di quelle cose che farebbe rabbrividire qualsiasi scrittore di fiction: ad un certo punto, cambia la storia. Ovvero: nel corso del gioco si è vista una cosa, vivendola in prima persona, e tutta la scena era una bugia. Alla fine ci raccontano che non è andata come credevamo che fosse andata, ma in tutta un'altra maniera.
    Campiamo l'esigenza: nel momento esatto in cui scopriamo di aver controllato per tutta l'avventura l'assassino che volevamo incastrare, l'emozione è bella forte. Ma bisogna anche ammettere che questo “colpo di scena” è costruito su un inganno bello e buono.

    Non è andata proprio così

    Ecco: anche in Resident Evil 6 c'è una cosa così. Prima di raggiungere la schermata iniziale, quella in cui selezionare una delle quattro campagne a disposizione, il titolo Capcom ci fa giocare un breve prologo, in cui controlliamo Leon che deve uscire da una brutta situazione. La sua partner è malmessa, e deve trascinarla al sicuro fino a recuperare un'erba curativa.
    Questo spezzone fa parte della campagna del protagonista storico della saga, ed una volta giunti al quarto atto della sua storia, ci viene chiesto di riaffrontarla nuovamente. Solo che ecco: stavolta la nostra partner è tutta pimpante e spara agli zombie con la foga di un'amazzone, le erbe curative non servono più, e persino il percorso che facciamo è diverso: porte prima sprangate si aprono adesso senza difficoltà, e nei corridoi bui arrivano orde di Zombie che prima non c'erano.
    E noi tendiamo a diventare nervosi.
    In Resident Evil 6, così come in Killzone 3, l'incipit è efficacissimo e d'impatto. La potenza emotiva di certe scelte (i passi malsicuri, il senso di provvisoria sicurezza) ha l'effetto di imprimere a fuoco nella nostra memoria i primi momenti di gioco. Tantopiù che anche quando leggiamo un libro è nell'incipit che si concentra la maggior parte della nostra attenzione.
    I team di sviluppo non possono sperare che dopo 5 ore di gioco ci siamo già dimenticati di quello che abbiamo fatto.
    Ecco dunque il punto: la tecnica del flashback è interessantissima, ma andrebbe adattata al medium di riferimento. Nel cinema, rivedere una scena di qualche minuto può avere una sua discreta efficacia. Nel videogioco, rigiocare esattamente la stessa sequenza, stimola perlopiù nell'utente commenti che forse è meglio non citare in fascia protetta.
    La soluzione è semplice: non usatela. Sono gli sceneggiatori di Hollywood quelli che sembrano in sciopero perenne, voi dei videogiochi potete permettervi qualche soluzione più ardita. Quando si “torna al punto”, sfumate sul nero, saltate l'ovvio, il già vissuto. Oppure provate a fare come negli ultimi 30 anni di sviluppo di videogiochi: evitate le sciocchezze.
    Siamo un pubblico abbastanza sensibile e ricettivo. Se non abbiamo nulla da fare nel pomeriggio, solitamente ci lamentiamo o produciamo dei meme che poi fanno il giro di internet.
    Non vi conviene scherzare con noi.

    Che voto dai a: Resident Evil 6

    Media Voto Utenti
    Voti: 270
    6.6
    nd