Speciale Wargaming.net 15th Anniversary - Let's celebrate

Wargaming.net festeggia il suo quindicesimo compleanno

Speciale Wargaming.net 15th Anniversary - Let's celebrate
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Victor Kislyi sa sempre qual è la cosa giusta da dire. Sa come glissare quando le domande si fanno pungenti, sa come raccontare le emozioni di un'espansione economica che sembra inarrestabile, sa come snocciolare una retorica tutto sommato ordinaria ma sempre lieta, sincera, onesta.
La prima volta che l'ho visto, alla Gamescom di qualche anno fa, aveva sulla faccia i segni di un Party andato per le lunghe, sembrava un po' nervoso e si accendeva le sigarette “a strappo”, la nuova col mozzicone della precedente. L'ultima volta che l'ho visto ha trascinato sul palco la moglie, il padre ed il fratello, in quella che è stata la festa più epica che Minsk abbia mai visto. Sul palco allestito per le celebrazioni del quindicesimo anniversario di Wargaming.net, Victor aveva un sorriso tagliente tatuato sulla faccia, mentre raccoglieva gli applausi della sua community, l'ammirazione dei colleghi e di tutti i suoi impiegati, e le invidie di un'industry che la sua azienda ha saputo leggere così bene.
Là davanti, al centro di una folla di quasi tremilacinquecento persone, prima di concedersi definitivamente alla vodka (Zazsdarovje!) quasi tutti i giornalisti presenti sembravano interrogarsi su quale potesse essere la “formula magica” di Wargaming.net, che poche ore prima -nel corso di una conferenza organizzata nella libreria nazionale della Bielorussia- aveva annunciato l'apertura del suo sedicesimo studio, ad Austin. Ma l'alchimia che in tre anni ha permesso alla software house di espandersi ad una velocità vertiginosa, acquistare studi di sviluppo e IP storiche, organizzare alcuni dei Party più allucinanti che la storia del giornalismo videoludico ricordi (o non ricordi, la mattina dopo), è sottile e sfuggente, difficile da intuire, obliqua.

La ricetta di Wargaming.net si capisce solo a pezzi. Da una parte c'è l'ovvio successo commerciale del suo Free to Play, che ha picchi astronomici di utenti registrati, ore di gioco, statistiche. Un vero e proprio fenomeno di costume per una fanbase smisurata, quasi tutta concentrata nelle regioni dell'est Europa e dell'Asia. Sicuramente non vicinissimo alle posizioni culturali dei videogiocatori del vecchio continente, World of Tanks ha saputo diventare il prodotto di riferimento per un mercato che aveva una disperata voglia di emergere, ed ha potuto farlo grazie ad un modello di business lungimirante come pochi (“We did F2P before it was cool”).
Dall'altra c'è il supporto economico di un paese che riconosce il valore dello sviluppo software, ed ha sostenuto l'azienda anche negli anni più incerti (quelli dopo Order of War). Basta fare un po' di ricerche sulla tassazione e sugli incentivi che la Bielorussia concede alle società di sviluppo per capire che in Europa praticamente solo l'Italia resta arroccata su posizioni da relitto.
Ma il fattore più importante è senza ombra di dubbio quello umano. Wargaming.net assomiglia ad una “multinazionale a gestione familiare”. Il clima che si respira chiacchierando con gli sviluppatori, con i PR, o semplicemente scambiando due parole con Victor nell'affollata area Vip del parco Stalin's Line è davvero unico: è un ambiente costruito attorno all'entusiasmo di persone giovani, che si dedicano con passione al proprio lavoro, animati dalla vitalità trascinante del CEO. Che sembra proprio divertirsi di gusto, quando si “esibisce” sul palco, quando racconta com'è nata la frase che riassume la mission di Wargaming (“We deliver legendary online games. Globally. With passion.”), e che gongola appena gli chiedono se Chris Taylor sarà al party. E gongola perché si ricorda di quando ha deciso di entrare nel mondo dello sviluppo, ammaliato dai giochi di qualcuno che adesso lavora per lui.
Eccolo, allora, l'ingrediente segreto? Un fare verace, genuino, così lontano dall'ostinazione tutta americana per il marketing, e costruito intorno alla soddisfazione: dei giocatori, degli addetti ai lavori, dei dipendenti.
C'è stato un momento, nel lungo press tour che è culminato con la festa di cui vi racconteremo fra qualche giorno, in cui siamo arrivati a capire il punto focale di una strategia commerciale tutta nuova. Nel corso della conferenza stampa, un giornalista si è fatto avanti ed ha chiesto se l'eliminazione della componente Pay-to-Win in World of Tanks avesse in qualche modo già influenzato l'entità degli incassi. Da qualche settimana, lo ricordiamo per i meno attenti, anche gli item consumabili precedentemente acquistabili solo con soldi reali possono essere comprati con crediti in-game. La domanda ronzava nella testa di tutti i presenti anche prima di rimbombare in sala. La risposta è stata rivelatoria: “La più importante risorsa che chiediamo di investire ai giocatori è il loro tempo. Dobbiamo rispettare quello che ci concedono. Crediamo che l'onestà e la limpidezza siano valori importanti per un gioco come World of Tanks, e siamo convinti che paradossalmente, sulla lunga distanza, la scelta di disinnescare la componente Pay-to-Win ci porterà più visibilità, più apprezzamenti, e di conseguenza più soldi”.
Fa riflettere che queste parole siano state pronunciate negli stessi anni in cui Blizzard ancora tarda a far qualcosa per arginare l'emorragia di utenti di World of Warcraft. Il paragone sarà un po' azzardato, ma la staticità elefantiaca della casa di Irvine, opposta alla leggerezza martellante di Wargaming, ci sembra un'immagine abbastanza pertinente dei tempi che cambiano.
Così quando Victor ci chiede di urlare “Let's Party”, non possiamo far altro che concedergli ancora la nostra ammirata fiducia, e brindare con lui.