CIO: la nuova Agenda del Comitato Olimpico apre davvero ai videogiochi? Quasi...

CIO: la nuova Agenda del Comitato Olimpico apre davvero ai videogiochi? Quasi...
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L'executive board (altrimenti definibile come “consiglio di amministrazione”) del CIO ha recentemente reso pubblica la propria agenda "2020 + 5" che sottoporrà a revisione tra qualche settimana.

L'agenda (che potete reperire sul sito ufficiale in lingua inglese) si propone come una dichiarazione d'intenti che riporta nel dettaglio un elenco di raccomandazioni per il futuro: dall'apertura verso nuove discipline all'evoluzione digitale dei prossimi anni.

Tra queste raccomandazioni c'è la seguente voce: "incoraggiare lo sviluppo dello sport virtuale e impegnarsi ulteriormente con le community di videogiochi".

Tempo fa, come sappiamo, il CIO ha tenuto diversi vertici e incontri internazionali con molti esponenti del settore esport per esplorare la potenziale inclusione del gaming competitivo nell'alveo del circuito olimpico ma, sino a questo momento, l'ipotesi è sempre stata scartata.

I motivi sono molteplici: dall'esclusione dei videogiochi considerati violenti (o contrari ai valori olimpici) alla ritrosia del Presidente del CIO Thomas Bach, spesso ironico sul considerare “atleti” i videogiocatori.

Il Comitato ha ora chiarito che pone la propria attenzione sugli "sport virtuali" o simulazioni di videogiochi di sport, già realmente esistenti. La raccomandazione rileva specificamente una distinzione tra sport virtuali e giochi competitivi.

Piuttosto che abbracciare i giochi competitivi (League of Legends, Rainbow Six Siege, Call of Duty, ecc.), Il CIO si impegnerà a supportare lo sviluppo di versioni virtuali o simulate di sport già esistenti nella realtà. Gli esport potrebbero non essere inseriti nelle Olimpiadi, almeno non nel breve periodo (al massimo come dimostrazione a Parigi 2024).

Il CIO, comunque, sembra voler riconoscere il valore di continuare a promuovere quelli che definisce “virtual sport” e sostenere (e ampliare) le relazioni con le community di videogiocatori. L'obbiettivo del CIO è abbastanza chiaro: ribadendo il no assoluto al gaming competitivo (in quanto caratterizzato da giochi violenti), apre agli sport virtuali, ovvero a quei videogiochi espressione di uno sport già esistente nella vita reale.

Ciò significa, in poche parole, sfruttare i videogiochi sportivi per avvicinare i giovani non solo allo sport reale, ma anche per attirarli verso un'affezione per i Giochi Olimpici. Così si risollevano gli ascolti (controbilanciando un pubblico notoriamente anziano), le sponsorizzazioni e tutto il circo mediatico "tradizionale".

Sarà la strada giusta? Al momento verrebbe da dire: “meglio che niente”. Forse al CIO non si sono accorti - o nessuno ha avuto il cuore di avvertirli - che il successo e gli ascolti maggiori li fanno non i videogiochi sportivi ma proprio quei titoli depennati senza possibilità di redenzione dalla lista. League of Legends, giusto per fare un esempio.