Six Days in Fallujah, è ancora polemica: accuse di propaganda per l'FPS ambientato in Iraq

Six Days in Fallujah, è ancora polemica: accuse di propaganda per l'FPS ambientato in Iraq
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La II Guerra del Golfo avviata nel 2003 e che ha visto la coalizione a guida statunitense realizzare il proprio ingresso nell'Iraq di Saddam Hussein si appresta a divenire protagonista di un videogioco. Non senza polemiche.

Con il titolo Six Days in Fallujah, l'FPS tattico punta - a detta dei suoi autori - a mettere in scena in maniera "apolitica" e realistica gli eventi che hanno portato alla caduta della Città delle Moschee. Inizialmente annunciato nel 2009, a soli tre anni di distanza dal conflitto costato la vita a moltissimi civili, il progetto era stato successivamente accantonato. La decisione era stata presa da Konami, originariamente publisher dello shooter.

Ad anni di distanza, il team di Atomic Heart ha deciso di riesumare il progetto, per portare sulla scena videoludica uno scenario bellico estremamente complesso. In seguito alla pubblicazione del primo gameplay di Six Days in Fallujah, le già numerose accuse di parzialità, revisionismo storico e desiderio di propaganda a supporto dell'azione delle forze armate USA sono aumentate ulteriormente. Community videoludica e giornalisti del settore hanno espresso più di una perplessità sull'opportunità di dare seguito alla realizzazione del gioco: tra questi, anche il noto sviluppatore Rami Ismail.

Il professionista del settore ha espresso dal proprio account Twitter un giudizio estremamente severo nei confronti di Six Days in Fallujah, criticandone molteplici aspetti, sia sul fronte ludico sia sul fronte contenutistico. Da quanto mostrato nelle sequenze di gameplay, Ismail evidenzia l'assenza di qualsiasi tipo di riferimento alle sofferenze della popolazione civile o di tentativi di empatizzare con le emozioni provate dagli abitanti di Fallujah, mentre l'impegno su questo fronte nei confronti dei soldati statunitensi è estremamente evidente. Criticata con forza anche la scelta di dipingere Fallujah in maniera procedurale, soprattutto a fronte delle dichiarazioni di realismo diffuse da Atomic Heart. Infine, conclude lo sviluppatore, non traspare alcuna volontà di affrontare temi spinosi che hanno negli anni dominato il dibattito sulla II Guerra del Golfo, quali l'utilizzo di armi non convenzionali.

Per approfondire il dibattito e la tematica, sulle pagine di Everyeye trovare un ricco speciale su Six Days in Fallujiah, propaganda e videogiochi, a cura del nostro Marco Mottura.