Anteprima Medal of Honor: Warfighter

Presentato allo showcase londinese di EA

Anteprima Medal of Honor: Warfighter
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Dopo la prima adunata in quel di San Francisco, durante la GDC 2012, Medal of Honor: Warfighter torna agli onori della cronaca specializzata, mostrandosi con la medesima build allo showcase londinese di EA.
    Il prequel di due anni fa aveva lasciato per strada un manciata buona di elementi importanti, e vuoi un'IA imbolsita, vuoi una campagna single player meno espressiva del previsto, Medal of Honor si era dimostrato un avversario sì fiero, ma poco attrezzato nei confronti del COD di turno, (de)merito anche di un comparto multiplayer curato da una DICE distratta dall'allora giovincello Battlefield 3. Dal cilindro Danger Close cavò quindi fuori un FPS onesto, ma quantunque ridimensionato. Nelle ambizioni, nel taglio cinematografico, così come nelle finalità ludiche. La base, comunque, c'era. Magari un po' martoriata, ma c'era. Ed è da quelle fondamenta che Rich Farrelly, senior director di MOH: Warfighter, intende (ri)partire: "Siamo molto orgogliosi di Medal of Honor. Ciononostante, con Warfighter intendiamo completare lo scacchiere originale. Abbiamo avuto il tempo necessario per dare forma alla nostra idea di FPS bellico, potendo anche contare su una tecnologia -il motore Frostbyte 2, ndr- davvero entusiasmante". L'idea, quindi, non è quella di aprire una terza via fra Call of Duty e Battlefield,quanto di pasteggiare allo stesso tavolo del primo, possibilmente con lo stesso numero di commensali e sostenitori, calcando la mano su alcuni dei fattori che il titolo Activision fagocita bellamente tra un esplosione pirotecnica e l'altra: "Puntiamo sul realismo" continua Farrelly, "sull'autenticità". "Il fine ultimo non è però la simulazione: vogliamo che i giocatori si divertano con i nostri prodotti e si godano lo spettacolo, ma anche che possano apprezzare la verosimiglianza delle azioni riprodotte e l'eroismo, continuo, che questi ragazzi -i veri Tier 1, ndr- dimostrano passo dopo passo, lontano dai loro affetti, ficcati come da copione in
    missioni infernali, braccati dalla morte che schizza alla velocità di un proiettile, e che può arrivare da dovunque
    ".

    Realismo

    La concezione realistica, nella costruzione del combattimento e intimista, nella rappresentazione del duro compito che spetta al soldato, erano già state sondate nel prequel, con risultati alterni. Medal of Honor: Warfighter le interiorizza però fin da subito, già nella scelta degli scenari proposti: una decina di location sparpagliate per il globo, che fanno da teatrino a fatti realmente riportati dai media di tutto il mondo. Il gravoso trionfo della realtà sulla fantasia, ci verrebbe da dire. Inoltre, oltre all'elite della forze armate statunitensi, entreranno nel copione le medesime rappresentative di vari Paesi (da una fugace scorsa dell'elenco, parrebbe mancare la compagine italiana. Bel colpo!), per uno storytelling corale in cui comunque le vicende personali della squadra capitanata da un Preacher sempre meno avatar e più personaggio, emergeranno a chiari lettere.

    "Le ultime librerie dell'engine, unite ad alcuni processi sviluppati ad hoc da Danger Close, hanno permesso una costruzione brillante della scena, ricca di effetti particellari e volumetrici."

    Se si vuole invece parlare di estrema aderenza alla realtà, è necessario guardare i movimenti del team, perfezionati e confezionati a misura di Tier 1: il consulente militare di Danger Close, un ex professionista della guerra, con dieci anni buoni di battaglie e ferite -visibili- al seguito, ha fornito un prezioso contributo in svariati settori (dal loadout scelto in particolari circostanze, al vestiario, alla costruzione del motion capture, fino alla pressione psicologica che condiziona pesantemente e a distanza di mesi chi deve prendere decisioni determinanti in frazioni di secondo), arricchendo l'opera alla stregua di quanto fatto dai Tier 1 visti all'opera nella pellicola Act of Valor (più volte tirata in ballo durante le interviste). Spettacolo e verosomiglianza, un binomio sulla carta vincente e poco esplorato dal plurimilionario Call of Duty, più attento ai frizzi e ai lazzi del baraccone bellico.

    La demo

    Come preannunciato in apertura, la demo data in pasto alla stampa era un revival di quanto visionato dalla cricca di Everyeye.it alla GDC 2012.
    In una città delle Filippine, violentata da un uragano micidiale, sommersa dall'acqua, dai detriti, dai cumuli di catapecchie sradicati dai loro siti, un gruppo separatista islamico aggrava il fardello del governo rapendo un numero imprecisato di indigeni. L'irruzione nell'edificio che li ospita loro malgrado, ed il bagno di sangue che ne consegue, farcito da una progressione serrata ma ovviamente "guidata", non trasgredisce in alcun modo i dettami dell'FPS bellico moderno: ritmo davvero su di giri, IA finalmente cosciente di sé, coperture -colonne, muri diroccati, cumuli di robaccia, pronti a sgretolarsi senza esagerare- non palesi e amalgamate bene nel contesto, eppure, l'atmosfera è davvero grandiosa, suggestiva, merito dell'acqua che arriva alle ginocchia, con splendidi riflessi e dinamiche di movimento spettacolose; merito delle animazioni del nostro team, pulitissime, e del parallax mapping. Le ultime librerie dell'engine, unite ad alcuni processi sviluppati ad hoc da Danger Close, hanno permesso una costruzione brillante della scena, ricca di effetti particellari ed effetti volumetrici. Su PC, quindi, l'atmosfera di Medal of Honor: Warfighter è già eccezionale.

    Si arriva alla porta: dall'altro lato, grida soffocate e urla strozzate sul nascere. Danger Close ricorda che sarà possibile scegliere come agire, in queste situazioni, senza però specificare troppo lo spettro di azioni possibili. Chi gioca per noi sceglie un classico alla Rainbow Six: apre quel tanto che basta per infilarci dentro una bella fumogena, dopodiché si scatena una bolgia con tanto di omaggio al bullet time. Da una parte lacrime e colpi di tosse, dall'altra una colata di piombo rovente.
    La fuga sui gommoni -su binari, ovviamente- tra edifici logorati dalla forza dell'acqua e arbusti pronti a prendere il sopravvento nella città divenuta palude, è giocoforza il pezzo filmico della produzione: un inseguimento sicuramente immersivo, data la mole di costruzioni poligonale e elementi gettati nella scena. Nulla di nuovo sotto il sole caldo degli FPS bellici, detto ciò il tutto pare cucito con tanta, tanta competenza, pronto quindi a ricucire lo strappo avvenuto con il reboot del 2010.

    Medal of Honor: Warfighter Medal of Honor: Warfighter si posiziona ai blocchi di partenza bello preparato. E’ ancora presto per stilare un giudizio, se non conclusivo, quantomeno indicativo. Ciononostante, quanto mostrato apre scenari interessanti. Sul fronte narrativo in primis, terreno su cui Danger Close vorrà muoversi al contrario -finora- del buon COD, e sul piano ludico, con una varietà di situazioni più spiccata rispetto al prequel. Ovviamente, buona parte della partita si giocherà sul campo neutro del multiplayer. Questa volta, niente “talebani” all’orizzonte, con buona pace dei demagoghi della prima ora, ma un sano scontro fratricida fra i buoni, con dodici forze speciali prelevate da dieci nazioni diverse. Appuntamento a Los Angeles per la prima prova su strada.

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