Recensione The Last Tinker: City of Colors

Un platform che segue le orme dei grandi, ma con colori più sgargianti

Recensione The Last Tinker: City of Colors
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  • Dopo i fasti dell'epoca PS e PS2, il genere dei platform 3D sembrava aver esaurito le sue attrattive sul pubblico. Di recente, però, dopo la pubblicazione di titoli del calibro di Terraway, Ratchet & Clank: Into the Nexus e Super Mario World 3D (che fa quasi categoria a sé), sembra riaffiorare la nostalgia per un genere che è stato capace di regalarci enormi soddisfazioni. Proprio a questi titoli fa riferimento The Last Tinker: City of Colors, semplificandone le meccaniche per renderle appetibili al pubblico più giovane e costruendo, grazie ad un utilizzo encomiabile di Unity3D (in questo caso anche publisher del gioco), un mondo fatto di carta e vibrante di sgargianti colori. I Mimimi Productions, dopo essersi fatti le ossa con giochi mobile e "adattamenti" videoludici di celebri boardgame, tentano di guadagnarsi l'attenzione del pubblico PC e Mac (è prevista anche una versione per Linux e, in futuro, anche un'uscita su PS4). Ci provano con un action adventure approdato su Steam un po' in sordina - nonostante avesse suscitato qualche interesse agli IGF del 2012, quando ancora il gioco portava il più sintetico titolo di: "Tink" - rivelandosi un'autentica sorpresa. Non capita spesso, infatti, di trovare una produzione indie tanto curata sotto ogni singolo aspetto, da porsi, senza complessi d'inferiorità, in diretta competizione con alcuni dei più blasonati titoli tripla A. Rimane da indagare in quale misura l'impegno profuso dagli sviluppatori tedeschi nel confezionare il loro prodotto si sia tradotto in meccaniche di gameplay efficaci e divertenti.

    La ricchezza dei colori contro intolleranza e omologazione

    Tinkerworld è un luogo in cui la creatività degli individui può dare vita a qualsiasi manifestazione sensibile. Ogni oggetto inanimato o creatura vivente è composto unicamente dai tre elementi che costituiscono le fondamenta del mondo di gioco: carta, colla e colore. Per molti secoli la popolazione di questo luogo ha vissuto in armonia; da qualche tempo, però si è insinuato tra la gente il tarlo dell'intolleranza. Gli abitanti di Colortown, la principale metropoli di Tinkerworld, hanno trovato un motivo di contrapposizione reciproca nel colore della pelle. Hanno così formato tre quartieri-ghetto: rosso, verde e blu (ognuno dei quali corrisponde ad un sentimento predominante, rispettivamente: rabbia, paura e tristezza) ovvero i tre colori primari additivi. In ognuna di queste tre zone i residenti hanno escluso coloro la cui pelle ha un colore differente dalla propria, isolandosi dal resto del mondo e vivendo ogni contatto con l'esterno come una minaccia. Molto diversa l'aria che invece si respira in periferia, dove ogni abitante vive in pace ed amicizia con il proprio vicino, qualunque sia il colore della sua carnagione. É in questo idillico luogo che vive Koru, il nostro alter ego, insieme a Tap, il suo fidato compagno dalle sembianze di capra. Il character design del protagonista, dal volto scimmiesco e indumenti arlecchineschi, rappresenta efficacemente l'immagine d'un personaggio che catalizza su di sé l'ideale d'un "melting pot" cromatico, in cui convivono tutte le sfumature di colore.
    Dopo un lungo (e tedioso) tutorial, inizieremo il nostro viaggio per salvare i tre quartieri di Colortown dalla terribile "Monocromia" che sta pian piano consumando l'intera Tinkerworld, divorando ogni cosa e omologando i colori in un pallido ed esanime biancore.
    Il contrasto tra uno stile grafico costruito attorno ai tre colori primari e la piattezza delle macchie monocromatiche che ammorbano Tinkerworld non è solo un vezzo estetico, ma la metafora d'un male profondo che si annida nella nostra quotidiana convivenza con gli altri. La monocromia è un mostro originato dalla paura e dall'incomprensione verso coloro che ci stanno accanto.

    I nobili intenti degli autori nella costruzione d'un racconto che parli della ricchezza insita nella diversità, contro ogni tipo di razzismo, vengono però schiacciati sotto il peso dei quintali di zucchero che gravano sul tono della narrazione, mortificando la vitalità del mondo di gioco e irrigidendo l'intreccio nella forma di un'insipida lezioncina pedagogica. D'altra parte il target a cui il gioco si rivolge - ovvero un pubblico di giovane età - non è un alibi sufficiente a giustificare la mancanza di coraggio, da parte degli sviluppatori, nell'esprimere un punto di vista personale sulle vicende del protagonista o nell'osare di più in termini di caratterizzazione dei personaggi: tutti moderatamente simpatici ma incapaci di sollevarsi da una piatta monodimensionalità. Se la profondità è bandita, in compenso il microcosmo costruito dai ragazzi della Mimimi Productions è genuinamente sorprendente, pieno di brio ed invenzioni fanciullescamente umoristiche. La cura nei dettagli e nelle numerose e divertenti cutscene rivelano un'ammirevole cura nel dettaglio. L'amore profuso dagli sviluppatore in ogni singolo aspetto del gioco è evidente e sarebbe ingiusto liquidare la loro creatura videoludica accusandoli d'eccessiva superficialità nell'approcciare un tema tanto complesso come quello relativo alla xenofobia e all'omologazione.

    Gameplay alla portata di tutti: pochi tasti e poco spessore

    Sul piano del puro gameplay, ispirandosi ai grandi titoli del passato che abbiamo rapidamente menzionato nell'introduzione, quello intrapreso dagli sviluppatori è un processo di semplificazione che investe ogni aspetto del sistema di gioco. Innanzi tutto, ciò che salta subito all'occhio, è l'assenza di qualsiasi meccanica legata al salto. Ciò allontana The Last Tinker: City of Colors dal platform propriamente detto, accostandolo ad una più vaga fisionomia vicina all'action adventure 3D nel quale gli ingredienti principali sono: prontezza di riflessi, risoluzione di semplici puzzle ambientali ed un elementare sistema di combattimento.
    Con una formula che ricorda più la corsa acrobatica di Assassin's Creed che l'autojump di Zelda, riusciremo a compiere veloci scatti, saltare tra le sporgenze e arrampicarci su per rampicanti e corde con la semplice pressione di un unico tasto. Al giocatore non rimane che armarsi di prontezza e tempismo per avanzare su precarie piattaforme o scattare al momento giusto verso una sporgenza. La rarefazione degli elementi platforming non è in realtà compensata da altre meccaniche adeguatamente sviluppate. I pochi puzzle che ci troveremo a risolvere sono estremamente semplici e l'esplorazione sempre accuratamente guidata. Ci basterà schiacciare un pulsante affinché Tap, il nostro fidato compagno, ci mostri la strada, lasciando dietro di sé una scia colorata che ci condurrà dritti alla meta prestabilita.

    Alcune sessioni di gioco prevedono l'utilizzo di teleferiche su cui scivolare a gran velocità, saltando da un binario all'altro ed evitando ostacoli. Si tratta di situazioni disgiunte dal resto del gameplay, dei piacevoli diversivi che, rimanendo ai margini del sistema di gioco, non contribuiscono ad accrescere lo spessore dell'offerta ludica ma solo ad accumulare contenuti scarsamente amalgamati l'uno con l'altro.
    I piccoli rompicapo che saremo chiamati a risolvere sono fondamentalmente di due tipi: alcuni di essi richiedono l'aiuto di NPC, altri implicano, invece, la ricerca del corretto codice per sbloccare combinazioni - di colori o note - al fine d'accedere ad aree prima interdette. Nel primo caso, Biggs e Bomber, appartenenti al bizzarro popolo dei funghi, verranno in vostro soccorso al fine di risolvere alcuni puzzle ambientali. Potrete richiamarli attraverso apposite piattaforme e farvi seguire fischiando. Le differenti caratteristiche di queste due creature vi consentiranno di attivare interruttori o abbattere ostacoli. Nelle situazioni in cui, invece, ci troveremo di fronte ad un cancello sigillato da un codice, per trovare la combinazione sarà sufficiente dialogare con gli NPC o osservare l'ambiente.
    Il gioco concede ampio spazio ai combattimenti contro nutriti gruppi di avversari generati dalla Monocromia. Le meccaniche ricordano molto da vicino quelle viste negli episodi della serie Batman: Arkham. Potremo infatti effettuare delle combo sugli avversari, mentre i nemici, organizzati in gruppi, ci attaccheranno simultaneamente. Il processo di semplificazione che coinvolge l'intero design del gioco non risparmia, però, nemmeno gli aspetti relativi al combat system. Non ci sarà infatti concesso parare o contrattaccare i colpi avversari, e l'unico modo di evitare i loro attacchi sarà eluderli con una capriola laterale o fuggire.

    Avremo a disposizione un solo tipo di combo composto da tre colpi la cui interruzione ci penalizzerà ben poco. Sebbene finalizzata a rendere The Last Tinker: City of Colors un titolo godibile anche per un pubblico di neofiti, la banalizzazione degli elementi portanti del combat system messo a punto - ormai 5 anni fa - dai Rocksteady, impoverisce l'esperienza di gioco, inducendo il giocatore a menare le mani alla rinfusa. Per fortuna alcune mosse speciali che impareremo nel corso dell'avventura aggiungeranno un pizzico di dinamicità agli scontri, altrimenti terribilmente monotoni. Potremo infatti indirizzare potenti pugni tenendo premuto il relativo tasto per qualche istante, mettere in fuga l'avversario o, in alternativa, bloccarlo, così da portarsi, in posizione di vantaggio, alle sue spalle. Ognuna di queste peculiari mosse potrà essere potenziata presso appositi "distributori automatici" al prezzo di un cospicuo numero di cristalli che potranno essere raccolti distruggendo casse e barili (e qui la memoria corre immediatamente al classico Crash Bandicoot). Assieme a queste mosse speciali il potere dei colori ci conferirà alcune importanti abilità come quella di congelare il tempo per pochi istanti o proteggerci dai cumuli di Monocromia che, spesso, ci sbarreranno la strada.
    Giocando a The Last Tinker: City of Colors non si fatica a capire quali siano i giochi che i ragazzi dei Mimimi Productions hanno amato. Purtroppo la mancanza di spunti innovativi fa assomigliare il loro lavoro ad un patchwork di buone intenzioni (attinte ai grandi classici del genere) mai adeguatamente sviluppate. L'uso dei poteri connessi ai tre colori avrebbe infatti potuto innescare situazioni ludiche articolate e spassose, soprattutto durante i combattimenti, con differenti effetti a seconda dell'avversario. Purtroppo questi aspetti rimangono appena abbozzati; il gioco mira chiaramente ad un'ipersemplificazione delle meccaniche che, assecondando i neofiti, lascerà facilmente interdetti i giocatori più esperti.

    Le raggianti magie cromatiche di Unity3D

    Dal punto di vista tecnico The Last Tinker: City of Colors è un'efficace dimostrazione dell'indubbio talento del team Mimimi Productions ed uno degli esempi più brillanti di cosa l'unity engine sia in grado di offrire se brillantemente implementato. Gli sviluppatori dimostrano un ammirevole senso della composizione scenografica. Ogni scorcio di Tinkerworld, con le sue vibranti accensioni cromatiche ed il pulsare frenetico della vita dei suoi abitanti, è un'autentica gioia per gli occhi. La modellazione imprime una forte personalità stilistica ad architetture e personaggi; le animazioni, invece, avrebbero potuto essere meno "legnose" e più varie (mantenendosi comunque su livelli più che accettabili).
    Analogamente alla grafica, anche il comparto sonoro è certamente uno dei fiori all'occhiello di questa produzione, con musiche sempre pertinenti, varie ed estremamente piacevoli. I dialoghi dei personaggi non sono doppiati (sono resi solamente sotto forma testuale attraverso dei balloon che appaiono sopra le teste dei personaggi), eppure i buffi suoni che emettono le creature che incontreremo riescono ad essere sempre eloquenti, regalandoci qualche sincero sorriso.

    The Last Tinker: City of Colors The Last Tinker: City of ColorsVersione Analizzata PCThe Last Tinker: City of Colors si rivela una piacevolissima sorpresa che purtroppo non riesce a convincere come avrebbe potuto, a causa di un ampio potenziale rimasto inespresso. L'impianto tecnico e la direzione artistica di altissimo livello si contrappongono, così, ad un gameplay raffazzonato, frutto dell'accumulo di buone idee (per lo più di seconda mano) non completamente amalgamate né tantomeno opportunamente sviluppate. D'altronde però - ad un prezzo più che ragionevole - il gioco è in grado di offrire una decina di ore di spensierato divertimento ed un racconto gradevole (seppur superficiale) in un mondo che trabocca fanciullesco entusiasmo e contagioso senso di meraviglia.

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