First look Army of Two: The 40th Day

Una prima occhiata al combattivo duo di EA

First look Army of Two: The 40th Day
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Psp
  • Che la ruota del gioco cooperativo ricominci a girare. Furiosamente. Poiché nonostante il disappunto unanime di una frangia consistente di utenti -quella più esigente e smaliziata-, Army of Two ha centrato in pieno gli obiettivi prefissati, soprattutto a livello commerciale.
    Grezzo e bisognoso di rifiniture strutturali piuttosto evidenti, il primo capitolo ha comunque gettato le basi per un franchise dal potenziale limpido, e regalato una grassa dose di divertimento, soprattutto se affrontato evitando sortite solitarie ed appoggiandosi ad un amico. In due, Army of Two non celava spicchi cristallini di gameplay, alimentati da dinamiche davvero ben congegnate. Senza contare una tracotanza estetica evidentemente sopra le righe.
    Con Army of Two: The 40 Day, EA Montreal rimpasta la ricetta, infarcendola con ingredienti ancor più speziati che difficilmente mancheranno di stuzzicare anche i palati ludici più esigenti. Nessun stravolgimento all’orizzonte: quanto intravisto negli studi italiani di EA ha palesato un lavoro più specifico, che non mina le basi dell’esperienza ludica precedente, ma che l’amplifica, tanto in single quanto in multiplayer, donandole un corpus più omogeneo e armonico.
    Difficile resistere al fascino tamarro di Tyson Rios ed Elliot Salem. Soprattutto con una pistola puntata alla testa. Fortuna che premeranno il grilletto solo il prossimo autunno.

    Le novità

    Due gli elementi chiave del processo di ristrutturazione: rinnovo dell’intelligenza artificiale e ricerca della spettacolarità. Partendo da quest’ultima, il team di sviluppo ha cercato di immergere il giocatore all’interno di situazioni assolutamente incontrollabili, riprendendo il climax di film catastrofici come Cloverfield. A beneficiarne è dunque l’immersività, che dunque sostituisce il freddo distacco (tipico di molti TPS) suscitato dal prequel. Semaforo verde allo scripting di intere sequenze (il raid aereo mostrato durante a presentazione, con tanto di grattacieli collassanti, non ne è che un fugace esempio), che ben si coniugano con l’azione in tempo reale.
    L’ironia pesante e fuori luogo del duo torna in maniera prepotente, intendiamoci, tuttavia la violenza di alcune scene solletica corde più profonde. Notevole anche l’introduzione di scelte morali (che potrebbero portare in dote, a livello teorico, epiloghi e scenari diversificati), che metteranno a dura prova anche chi è provvisto di una buona scorta di peli sullo stomaco (ne parleremo diffusamente nel prossimo hands on).
    Sebbene il concept non si discosti da quanto tracciato dal capostipite, la differenziazione situazionale promessa da EA Montreal fa ben sperare. Le incursioni “back to back”, l’interazione fra i due protagonisti (per superare ostacoli o per trascinare al riparo il compagno ferito), l’uso peculiare del sistema di copertura, rimangono marchi di fabbrica inalienabili, tuttavia il tutto viene declinato in meccaniche capaci di sferzare varietà e ritmo. La frequenza con cui il duo verrà diviso è di fatto emblematica, una cooperazione “in differita” portatrice di conseguenze sconosciute al blando incedere del primo Army of Two.
    Alla base di tutto, ovviamente, risiede la riscrittura delle routine dell’IA. Gli sviluppatori hanno parlato di una cpu capace di relazionarsi all’ambiente circostante, che sullo schermo si è tradotto in una sequenza ineccepibile tra le strade assassine di Shangai -un agguato in una piazza colma di punti di copertura diversi-, dove il comportamento del compagno si è rivelato imparagonabile a quello professato dal prequel: veloce, rispettoso degli ordini, efficace nella mira e capace di districarsi come si confà ad un professionista. Ciò ovviamente non alleggerisce il lavoro del giocatore: è solo un addio alla cpu-zavorra sopportata in molti titoli analoghi.

    Tu is megl che uan

    Meccanica collaborativa e fattore strategico si beano anche dell’introduzione del visore in dotazione ai due protagonisti. Il gingillo tecnologico in questione è tutto fuorché un orpello accessorio: statistiche e ruolo dei nemici, posizione del compagno -assecondandone i movimenti tramite il “picture in picture”- e la gestione di alcune feature peculiari (come l’assassinio furtivo, la priorità data ai vari bersagli, la possibilità utilizzare i contendenti come scudi umani), dipendono in maniera evidente dal suddetto visore.
    Esempi pratici. Due contro cinque. Un ostaggio nel mezzo. Quale soluzione adottare? Dare inizio alle danze dei proiettili, con l’eventualità che l’innocente ci rimetta la pelle, o cercare di arrivare (tramite un bel confetto di piombo ficcato in testa, o catturandolo) al capo del gruppo armato, nel tentativo di destabilizzare il resto del team per renderlo più simile ad un branco di cani sciolti facilmente sopprimibili?
    E ancora. Il visore indica la presenza di due nemici, riparati da un muro piuttosto fragile. Posizione rialzata: sono rintanati al secondo piano di una palazzina fatiscente a dir poco. Uno di questi è però fuori portata. Tyson ed Elliot si separano. Tramite la telecamera, l’avatar governato dal portavoce di EA controlla gli spostamenti del compagno. Ci siamo. Si fissano le priorità: un nemico a testa. Fuoco all’unisono. E due cadaveri in più.
    Come anticipato, quindi, anche l’interazione ambientale giocherà un ruolo primario. Nessuna distruzione sulla falsariga di un qualsivoglia Battlefield: Bad Company, solo la presenza di differenti tipi di coperture, denotanti gradi di fragilità e spessori peculiari. Ricorrendo a particolari tipi di proiettili è quindi possibile scalfire colpo dopo colpo la solidità della struttura di riparo, mentre la presenza di elementi sottili alimenta giocoforza il fattore tattico.
    Novità anche sul fronte monetario: per ora si è parlato solo della necessaria negoziazione del compenso prima di intraprendere una qualsiasi missione, tuttavia gli sviluppatori ne hanno a più riprese ribadito l’incidenza non marginale nell’economia di gioco. Vedremo.

    UE3

    L’impatto estetico è senza dubbio considerevole. Al di là della rinnovata interazione ambientale, l’utilizzo più appropriato dell’UE 3 regala scorci suggestivi e d’impatto. La modellazione poligonale delle costruzioni appare finemente complessa e non priva di cesellature, al pari del duo di protagonisti, ancor più particolareggiati. Competente la varietà delle mappe superficiali -da limare in definizione, ma già baciate da un normal mapping intrigante-, mentre risultano semplicemente spettacolari gli effetti particellari quali fumo, nebbia volumetrica e profondità delle fiamme.
    Considerando l’arretratezza della build (Gennaio), ed il supposto periodo di uscita (autunno), gli sporadici cali di frame rate sono del tutto perdonabili.

    Army of Two: The 40th Day Army of Two: The 40th Day è semplicemente figlio di una progettazione più ragionata e matura. Nonostante siano diversi i mesi che ci separano dalla release, sembra già in grado di portare a compimento le dinamiche abbozzate nel prequel, condendole con situazioni dall’alto tasso adrenalinico, dai cui spiragli è possibile intravedere venature di gameplay più complesse ed articolate. In sostanza, un sogno per chi ha amato il prequel. Ed un titolo da tenere in debita considerazione per tutti gli altri. Poiché, di tanto in tanto, la nascita di franchise solidi passa anche da capostipiti poco riusciti.

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