Recensione Brink

Spash Damage ci prova online, recuperando la formula di Enemy Territory in una nuova IP

Brink
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Il panorama dei First Person Shooter è oramai saturo di produzioni sempre uguali a se stesse: militari, invasioni, comunisti ed imperialisti, script e molto altro ancora. Questi gli elementi che si ripetono costantemente in pressappoco tutte le produzioni viste nel corso di questi ultimi cinque anni. Splash Damage, team di sviluppo britannico già responsabile di Return to Castle Wolfenstein, Enemy Territory: Quake Wars e del multiplayer di Doom 3, ha dunque ben pensato di provare ad offrire ai videogiocatori qualcosa di nuovo, sia dal punto di vista del gameplay che -in gran parte- per quel che riguarda la strutturazione dell'avventura.
    Unendo le meccaniche di uno Sparatutto, la varietà di missioni di un RTS e parte del dinamismo interattivo tipico di Mirror's Edge, è nato Brink, nuovo sparatutto in prima persona che concentrerà i suoi sforzi per soddisfare soprattutto la vena competitiva dei giocatori. Si tratta infatti di un titolo sostanzialmente privo di campagna single player (come siamo abituati ad intenderla, perlomeno) ed interamente strutturato in funzione di un continuo scontro diretto tra le due fazioni in gioco. Una serie di scelte coraggiose che andiamo ora ad analizzare e che saranno alla mercé dei consumatori a partire dal 13 Maggio, su Xbox 360, Playstation 3 e Personal Computer.

    Pillola blu o pillola rossa?

    In un Mondo sempre più preoccupato dal costante ed inarrestabile consumo di risorse energetiche i governi decidono di unirsi e costruire Ark, la città del futuro, un gigantesco agglomerato urbano autosufficiente ed eco-sostenibile, dove edificare un avvenire migliore per l'‘intera razza umana. Nel frattempo, però, il surriscaldamento globale produce il definitivo scioglimento dei ghiacci e l'innalzamento dei mari. Ark diventa così un'enorme isola galleggiante dove a migliaia si dirigono i rifugiati di un'imminente catastrofe. Di lì a poco il futuristico insediamento si dimostra del tutto incapace di accogliere l'enorme mole di persone in fuga dal "vecchio mondo" e l'autorità, per far fronte al caos, decide di dividere la città. Il passo verso l'autodistruzione, a questo punto, è breve: quarant'anni dopo Ark è completamente in rovina, abbandonata a se stessa da oltre vent'anni. I nuovi ospiti vivono in baraccopoli dove la fame e le epidemie si espandono ed autoalimentano in maniera quasi metodica, ed il conflitto interno tra la Sicurezza e la Resistenza logora il ventre molle di una società allo sbando. Le due fazioni, createsi in seno alla secessione, perseguono ideali completamente opposti: i primi intendono istituire una nuova civiltà "Ark-iana" fondata sul rigoroso rispetto delle (loro) regole; i secondi, al contrario, perseguono la ricerca di altri superstiti al di fuori di Ark, nonché l'abbandono della stessa a favore di quel che resta del mondo esterno. La toccante presentazione si conclude con una secca domanda: "salverai Ark o l'abbandonerai?".
    A dispetto dell'interesse suscitato nei primi istanti ci si accorge quasi subito che in Brink tale incipit non è altro che uno statico background atto a contestualizzare l'azione a schermo. Non ci saranno sviluppi (se non la scontata vittoria finale di una fazione sull'altra) ne tantomeno un vero e proprio protagonista con il quale identificarsi, o personaggi non giocanti con i quali relazionarsi. La scelta stessa dello schieramento non comporterà alcun cambiamento a livello emotivo: due asettici set di missioni dai quali osservare lo sviluppo parallelo delle vicende da prospettive differenti. Scelte chiaramente dettate dalla necessità di eliminare del tutto la suddivisione single/multiplayer, ma non per questo obbligatoriamente condivisibili. La totale assenza d'immedesimazione e di una trama che si sviluppi all'interno dell'avventura risulta, a meno di non essere totalmente assuefatti dall'online gaming, un'eccessiva privazione per il videogiocatore moderno. Assenze ingiustificate che precludono la completezza della produzione, soprattutto se raffrontata con il prezzo di vendita imposto all'utente finale.

    FU-SIO-NE

    Come largamente anticipato nei paragrafi precedenti Brink non presenta distinzione formale tra single e multiplayer; per questo, da qui in poi, eviteremo di parlarne distintamente.
    La struttura ludica del prodotto Splash Damage si divide semplicemente in Campagna e Partita Libera. Nella prima avremo facoltà di affrontare missioni predefinite e collegate tra loro (tramite cut-scene) dal background narrativo di cui si parlava: la suddivisione tra Sicurezza e Resistenza ci porterà ad avanzare attraverso otto stage, rivivendo le medesime situazioni da prospettive completamente differenti, per un totale complessivo di sedici quadri. Nella seconda potremo personalizzare ogni match nel dettaglio, decidendone incarichi primari e secondari, selezionando la location tra le circa quindici disponibili e vagliando nel dettaglio le regole d'ingaggio tipiche di qualsiasi First Person Shooter nella sua componente competitiva. Prima di avviare una qualsiasi partita (Campagna o Libera che sia) potremo decidere se far partecipare -con e contro di noi- amici e giocatori umani o bot controllati dal computer.
    A monte del tutto la creazione di un avatar, un aspetto fondamentale del titolo Bethesda, che non si fermerà alla modellazione fisica e facciale disponibile all'inizio, inoltrandosi -grazie all'accumulo di punti esperienza- nella completa personalizzazione estetica e "funzionale" del nostro alter ego. Il sistema prevede milioni di combinazioni possibili, sfruttando in tandem il completissimo editor dei volti e del look (tatuaggi, capigliature, barba...) ed il vastissimo guardaroba a disposizione. Le possibilità di customizzazione di Brink si estendono poi addirittura alla dotazione bellica, consentendo la modifica (tramite ottiche di precisione, silenziatori, caricatori più capienti, mimetiche e chi più ne ha più ne metta) di ciascuna delle bocche da fuoco presenti nel gioco. Di maggior peso, rimanendo in tema personalizzazione, la scelta della corporatura dell'alter-ego virtuale (limitata inizialmente alla via di mezzo tra agile e possente). Questo aspetto influirà sulle possibilità di spostamento all'interno delle arene e condizionerà, in un certo qual modo, la resistenza ai danni. Una corporatura snella permetterà di scavalcare con facilità ogni ostacolo ed arrampicarsi ad ogni sporgenza; un fisico scolpito, al contrario, ci manterrà incollati al terreno. Per quanto concerne la resistenza ai danni, naturalmente, il tutto viene invertito. Nonostante ci fossero state più volte presentate come fondamentali, queste caratteristiche di movimento hanno, a conti fatti, una rilevanza minima nell'economia di gioco. Muoversi "alla Mirror's Edge", grazie al semplice mantenimento della pressione sul dorsale sinistro, risulta comodo ed abbastanza spettacolare ma, in fin dei conti, inutile. Il risparmio, in termini di tempo impiegato per raggiungere gli obiettivi, sarà infatti troppo poco significativo per risultare incisivo e, allo stesso modo, troppo tempo si guadagna quando si cerca di raggiungere posizioni elevate e tatticamente favorevoli all'interno dei terreni di scontro. Rimanere fermi o agire in solitaria, infatti, non porterà da nessuna parte nella produzione Splash Damage, considerato soprattutto la natura "a tempo limitato" di ciascun incarico. Quella del pakour, dunque, è a tutti gli effetti un'aggiunta marginale, da sfruttare semplicemente per una maggior comodità nel destreggiarsi nelle enormi e complessissime strutture di gioco.
    Di tutt'altra natura il sistema di classi ed abilità legato indissolubilmente agli incarichi presenti in ogni missione. Già in fase di creazione dell'avatar potremo selezionare una classe come predefinita: con essa cominceremo ad ogni match. In seguito, grazie ad un apposito sistema di terminali sparsi in ciascuna mappa, avremo facoltà di cambiare in corso d'opera, possibilità fondamentale nel compendio ludico della produzione. Ogni missione presenterà infatti obiettivi modulari "alla Killzone" che potranno essere completati solamente da una delle quattro classi disponibili (Soldato, Medico, Agente, Tecnico). I soldati, ad esempio, saranno in grado di piazzare cariche esplosive, mentre gli agenti avranno la facoltà di inserirsi nei terminali di sicurezza o di sabotare impianti elettrici ed amenità simili. Ognuna delle specializzazioni disporrà anche di molte abilità secondarie ed altrettante capacità difensive: i tecnici, oltre ad essere in grado di forzare meccanismi e serrature, saranno capaci di disinnescare le cariche esplosive piazzate dai soldati nemici, o di riparare strutture danneggiate; i medici, in qualsiasi istante e tramite la semplice pressione di un tasto, potranno fornire cure e salute extra ai compagni di squadra, così come rianimare i caduti. Questo sistema, caratterizzato da moltissime abilità sbloccabili accumulando punti esperienza e gradi, viene bilanciato da una particolare barra posta nella parte bassa del ricco HUD a schermo, che si consumerà man mano che sfrutteremo un'abilità speciale. Per ricaricarla basterà attendere un certo numero di secondi senza sfruttare alcun talento.
    Quella che si compone è dunque una struttura molto complessa e profonda, che fonda le sue radici sul gioco di squadra, caratteristica davvero imprescindibile in Brink. Incarico dopo incarico ci accorgeremo di quanto sia fondamentale la coordinazione tra giocatori e, soprattutto, la distribuzione delle classi. Senza medici al seguito, ad esempio, sarà quasi del tutto impossibile condurre un assalto e, alla stessa maniera, senza soldati a protezione degli obiettivi sarà impossibile per gli agenti violarli. Un delicatissimo equilibrio che viene mantenuto stabile da un sistema di gioco che, anche a livelli di difficoltà molto bassi (parlando di BOT, chiaramente), penalizza totalmente l'azione in solitaria. Una struttura che funziona e diverte, soprattutto se tra le file delle due squadre costantemente in gioco vi sarà prevalenza di giocatori umani. E' bene precisare, infatti, che la programmazione dell'intelligenza artificiale risulta, a qualsiasi livello di difficoltà, insufficiente. Compagni ed avversari non sembrano sempre padroni della situazione ed in grado di agire di conseguenza. Troppo spesso si notano assalti dissennati, azioni solitarie, medici fermi quando il campo è ricolmo di alleati da soccorrere o agenti completamente disinteressati all'obiettivo, ancorché questo sia a pochi passi e ben protetto dai soldati. Il tutto è chiaramente riconducibile alla mancanza di comunicazione, un problema che sarebbe stato possibile risolvere con un semplice sistema d'interazione, anche soltanto capace di permettere al giocatore di fornire alla CPU semplici indicazioni. L'esperienza assieme e contro i BOT computerizzati viene dunque pesantemente limitata, rendendo spesso frustranti i momenti più complessi, dov'è richiesta la più sincronizzata delle collaborazioni.
    Con una struttura tanto complessa la componente FPS viene quasi dimenticata. Da questo punto di vista Brink è quanto di più arcade si sia visto in questa generazione. L'armamentario è dei più vasti e vari ma la differenziazione tra le varie bocche da fuoco è riconducibile, a grandi linee, alla suddivisione tra pistole, fucili automatici e fucili a pompa. Aldilà di questo aspetto, piuttosto marginale in una produzione del genere, le problematiche si riscontrano osservando in particolare l'hit box, leggermente spreciso soprattutto utilizzando la canonica "modalità mira", che risulta molto meno funzionale dell'utilizzo del reticolo a schermo. Si riscontra, peraltro, una non sostanziale differenza tra il danno procurato dai colpi alle diverse parti del corpo: colpire al petto o alla testa, dunque, non farà la dovuta differenza, rendendo meno vario e tecnico -se vogliamo- il combattimento. Anche le dinamica sottesa all'utilizzo delle granate non risulta convincente, con lanci e rimbalzi per nulla soddisfacenti. Quella strettamente shooter, dunque, è una componente un po' sottotono rispetto alla concorrenza.
    Chiudiamo con un commento sul netcode, che risulta ben ottimizzato e solido, anche al netto di un sistema di controlli che, filtrato dalla connessione, mostra qualche problema di input lag.

    Libera interpretazione

    Dal punto di vista tecnico Brink si avvale di una versione ampiamente modificata dell'iD Tech 4, che mostra il suo potenziale soprattutto nei modelli poligonali dei personaggi a schermo, molto dettagliati ed ampiamente personalizzabili tramite il vasto editor (salvo poi non vederne mai le sembianze in gioco). Da dimenticare, tuttavia, il comparto animazioni: osservandoli nel dettaglio, i modelli di avversari ed alleati mostrano un set limitato di movimenti, che non si collegano fluidamente tra loro e prestano il fianco a moltissimi problemi di clipping.
    Artisticamente tanto gli ambienti quanto i personaggi strizzano l'occhio ai fumetti occidentali, con colori sgargianti, per quanto terrosi, e proporzioni solo vagamente deformate. Le mappe, poi, ci hanno sorpreso per quantità di particolari presenti e per un level design molto accurato e ben strutturato, sicuramente funzionale al team play nel quale la produzione affonda le sue radici. Peccato solamente per una texturizzazione spesso riciclata e sostanzialmente piatta, e priva della verve creativa che ci saremmo aspettati da questo gruppo di designer. Buoni, invece, gli effetti particellari, arricchiti da una palette cromatica di un certo spessore e da un sapiente utilizzo dell'illuminazione.
    Di scarsissima qualità il comparto sonoro, che divide equamente le colpe tra una serie di campionature del tutto irreali ed un doppiaggio in italiano secondo (in negativo) soltanto a Mortal Kombat.

    Brink BrinkVersione Analizzata Xbox 360Troppi “se” e troppi alti e bassi caratterizzano l’ultima produzione Splash Damage per Bethesda, che non riesce a passare quella sottile linea di confine che separa un buon gioco, divertente e funzionale, da un’opera di spessore, da ricordare negli anni. Il focus sul multiplayer gaming è sicuramente una scelta vincente ma non si può dire altrettanto per il totale abbandono di una campagna da interpretare in single player, capace almeno di offrire una storyline da far seguire al giocatore. Non migliora molto le cose un comparto stilistico ispirato ma sostenuto da un engine non sempre all’altezza della generazione. Fortunatamente, una volta collegatisi con i propri amici, Brink da il meglio di sé, rivelandosi diverso forse da qualsiasi altro congenere. Sicuramente da provare per tutti gli amanti del competitive gaming.

    7

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