Recensione NBA 2K12

La simulazione sportiva più competa di sempre

NBA 2k12
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Xbox 360
  • Wii
  • PS3
  • iPhone
  • iPad
  • Pc
  • Psp
  • I titoli sportivi, in aggiornamento di anno in anno, spesso vengono accusati di essere, per la modica cifra di 70€, dei semplici add-on dell'edizione precedente, con lo stuolo di critiche varie ed eventuali in allegato. Sicuramente questo è un appunto che non si può fare (almeno negli ultimi 2 anni) alla serie NBA 2K che, si dall'alba del ventunesimo secolo (data della suo debutto su Dreamcast) non ha mai smesso di dominare i parquet virtuali.
    Dopo un 2K11 davvero sfavillante si pensava di non avere molte chance di vedere qualcosa di significativamente migliore; Visual Concept, invece, ci ha stupito per l'ennesima volta, rielaborando meccaniche ed implementando feature col senno di poi indispensabili per fruire al meglio del basket virtuale.
    Col 7 Ottobre (data della release PAL) sempre più vicino noi di Everyeye abbiamo finalmente avuto modo di metter mano sulla nuova produzione 2K che è parsa non risentire affatto delle recenti problematiche legate al lockout.

    Greatests Of All Times

    Come ogni anno le prime novità delle produzioni Visual Concept si mostrano sin dai menù iniziali e riguardano l'offerta ludica. Una schermata in pieno stile televisivo ci introduce ad una delle più grandi novità -in termini cestistici- degli ultimi anni: la possibilità di re-interpretare storici match del passato. Se lo scorso anno la modalità legata a Jordan aveva lasciato tutti a bocca aperta quest'anno il team ha saputo addirittura superarsi: oltre al mitico MJ, infatti, saranno presenti una folta schiera (ben quindici) di altri Hall of Famer, da condurre -con le rispettive franchigie- alla vittoria di un'importante partita. Ci troveremo, ad esempio, alla guida dei Bulls del 1993 con l'obiettivo di battere gli Hornets di Alonzo Mourning; oppure, facendo un salto indietro nel tempo, con i Lakers dei mid ‘70s ed il duo Chamberlain-West pronto a condurli al primo titolo, partendo dalla vittoria contro i New York Knickerbockers di Walt Frazier e Earl "The Pearl" Monroe. Ogni vittoria ci garantirà il permesso di utilizzare entrambe le compagini per le modalità di gioco amichevoli, mettendoci dunque a disposizione ben trenta nuove squadre da sbloccare.
    Il punto forte di questa modalità, oltre ai roster, è la perfetta, maniacale caratterizzazione del contorno. Si parte dalle divise, riadattate a seconda dell'epoca, per passare poi ad una serie di filtri visivi in grado di ricreare quella visione un pò sbiadita e sfocata dei catodici dell'epoca o addirittura una partita in bianco e nero. Il livello di perfezione è tale da arrivare alla ricostruzione dei palazzetti "vintage" e alla riproduzione certosina delle schermate televisive degli anni. Si chiude poi in bellezza con l'audio "rovinato" tipico del commento mono oppure via radio, a cui però si affiancano gli speker moderni (eccezzion fatta per Doris Burke, la mitica inviata di ESPN ed ABC a bordo campo) con tanto di commento "rivissuto" al giorno d'oggi, con confronti e statistiche che, all'epoca delle partite in questione, non si potevano certo sapere. Un piccolo neo che non rovina un'opera nostalgica ed artistica di caratura inestimabile.
    Accanto al nuovo ritroviamo, chiaramente, il ritorno delle modalità che hanno fatto la storia del brand 2K. Associazione e Stagione risplendono grazie a qualche piccolo ma significativo restyle, permettendo ancora una volta ai videogiocatori di portare la loro franchigia preferita alla conquista dell'anello.
    Il fulcro vero e proprio della produzione, da qualche anno, è però da ricercarsi ne "Il Mio Giocatore", modalità grazie alla quale creare il proprio alter ego virtuale e portarlo ad inserirsi nel grande palcoscenico della NBA fino a brillare come una delle sue stelle più grandi. Le novità, quest'anno, sono parecchie: in primis sono state "ritagliate" alcune feature dal vecchio Draft Combine per rendere ancor più coinvolgente il proprio ingresso nella lega cestistica più importante del mondo. Creata la nostra star grazie ad un potentissimo e completissimo editor ci ritroveremo a dover mostrare il nostro valore al Madison Square Garden, in uno showcase di matricole che sostituisce tutti i training camp estivi e ci permette di mostrare ai vari osservatori presenti le nostre capacità. A questo punto, secondo la nostra prestazione ma anche secondo le nostre caratteristiche fisiche e tecniche, verremo contattati da tre squadre che ci proporranno una sorta di mini-intervista per capire se "facciamo al caso loro". L'ultimo passo sarà dunque il Draft, durante il quale David Stern in persona annuncerà ad una ad una le chiamate, sino al nostro momento; una parte, questa, non molto entusiasmante in quanto povera di elementi di contorno che, invece, invadono letteralmente ogni altro aspetto del titolo Visual Concept. Qualche minuto di noia ci introduce al nostro primo anno da Rookie, durante il quale il minutaggio in campo sarà davvero ridotto e dimostrare il nostro potenziale sarà piuttosto difficile. Prestazione dopo prestazione, tuttavia, avremo modo di farci conoscere attraverso conferenze stampa durante le quali interagire con la stampa e guadagnare fiducia dei compagni, fama nella lega e fan. Tutti parametri che, in seguito, influenzeranno il quantitativo di palloni nelle nostre mani e i contratti pubblicitari che ci verranno offerti. Largamente ampliata, infatti, la componente "di contorno" alla nostra star, che potrà ora apparire sulle copertine delle riviste e fare donazioni alla famosissima fondazione NBA Cares. L'obiettivo principale, naturalmente è quello di far crescere la nostra stella spendendo i punti abilità accumulati partita dopo partita. Quest'anno, oltre alle caratteristiche base come "Tiro da sotto", "Tiro dalla Media"...potremo spendere i nostri guadagni in abilità molto più tecniche (e dal costo molto più elevato) come "Jumpshot in Fadeaway", "Step back e Tiro" e via discorrendo, dando una dimensione ancor più personalizzata al nostro beniamino.
    Chiude le novità offline il Training Camp, una sessione d'allenamento tutta nuova che metterà a disposizione un coach leggendario per ogni aspetto del gioco, insegnando praticamente ogni movenza possibile ed immaginabile.
    Visual Concept non poteva infine mancare d'inserire qualche novità per quanto concerne la componente online della produzione: ecco dunque l'Associazione Online, grazie alla quale potremo creare una stagione NBA permanente nella quale giocare, in compagnia dei nostri amici, contro videoplayer di tutto il mondo, nella lunga strada alla conquista dell'anello. Non servirà, tuttavia, essere sempre in cinque per giocare dato che i posti vacanti verrano coperti dalla CPU.
    Rimane, naturalmente, la possibilità di fare semplici partite classificate o libere e di competere in favolosi tornei online, sponsorizzati quest'anno dal servizio Virgin Gaming, che negli States (da noi è vietato) offre persino premi in denaro ai vincitori dei tornei che organizza.

    It’s alla about execution

    Per quanto possa sembrare strano i maggiori cambiamenti in NBA 2K12 si notano andando a calcare i parquet, e riguardano dunque quel gameplay che già lo scorso anno sembrava vicinissimo alla perfezione. Niente di più sbagliato.
    Partendo dalla difesa notiamo i primi interessantissimi cambiamenti: tanto per iniziare il team ha finalmente inserito ad ogni animazione e ad ogni tipo di tiro una finestra di vulnerabilità, in maniera tale da avere la possibilità, con il giusto tempismo, di contrastare anche quelli che fino allo scorso anno erano movimenti infermabili (vedi la virata con appoggio). Rimanendo nei matchup sulle conclusioni possiamo notare anche un consistente miglioramento nella fisica delle collisioni, che risultano ora ancor più naturali e mostrano giocatori costretti a forzare conclusioni fuori equilibrio in seguito ad un contatto aereo o al disturbo prolungato del difensore. Per quel che concerne le collisioni ottimo il lavoro anche nel sistemare le problematiche nei contatti mani-palla che, nel 2K11, mostravano molto spesso fastidiose compenetrazioni. Il comparto difensivo chiude alla grande con una nuova funzione legata allo stick destro, utilizzato non più solo per protendere le braccia ma anche -in post- per spingere l'avversario lontano da canestro.
    Recuperata la palla si passerà alla fase di possesso (offensiva) che vede, in questo capitolo, le più grandi migliorie con cui la serie abbia mai avuto a che fare. Isomotion e Triple threat, in primo luogo, rimangono collegate allo stick sinistro ma con LT (o L2) come unico modificatore per i crossover più impegnativi; ad RT (o R1) rimane dunque la sola funzione di sprint, da usare peraltro con parsimonia per evitare di sfondare o finire fuori dal campo. Interessante però, partendo da fermi e accelerando, l'introduzione automatica dell'allungo, che permette di scattare più rapidamente in campo aperto (lanciando avanti la sfera) ma richiede anche un certo grado di attenzione per evitare di farsi facilmente rubar palla, o ancora peggio di palleggiare sul piede di qualche altro giocatore in campo. Nonostante queste possano sembrare delle semplificazioni, a conti fatti il quantitativo di soluzioni offensive (e parliamo solo di situazioni in isolation) risulta esponenzialmente aumentato, con un vertiginoso incremento persino della fluidità con cui ogni giocata viene sciorinata sul parquet. Immutata, tuttavia, la ripida curva di difficoltà che è necessario risalire per padroneggiare ogni movimento; speso il giusto quantitativo di tempo, con la giusta pazienza, sottomano in terzo tempo, inside-out, step back e tiro, cambi mano in aria e quant'altro diventeranno il pane quotidiano, remunerando il giocatore con una soddisfazione difficilmente apprezzabile in altre simulazioni sportive.
    Come detto, sinora si è parlato solamente di situazioni d'isolamento, poiché se dovessimo entrare nel dettaglio dei vari play-call, in NBA 2K12, non basterebbero 30-40mila caratteri per esplicare variabili e possibilità inserite da quei malati della perfezione dei Visual Concept. Questo aspetto del gioco, come molti anno già avuto modo e maniera di visionare, è stato completamente rivoluzionato. Il team ha letteralmente speso mezza giornata chiuso in una stanza con uno dei membri più appassionati (e forti) della community ufficiale (quel DaCzar che molti considerano un vero e proprio guru del play calling), arrivando alla conclusione che in NBA 2K11 gli schemi erano troppo statici, poco funzionali e poveri di variabili in grado di rendere ogni giocata potenzialmente differente dall'altra. A mancare, inoltre, era anche la personalità dei giocatori. Proprio per questo la prima novità riguarda i cestisti in prima persona, ai quali ora potremo assegnare sino a cinque giocate offensive personalizzate (oppure mantenere quelle di default, assolutamente attinenti alla realtà); in questo modo non solo replicheremo sul campo le potenzialità e la pericolosità di un Dirk Nowitzki piuttosto che di un Dwayne Wade ma, qualora vi fossero dei trasferimenti (in Associazione, ad esempio), potremo osservare parte del gioco a loro legato trasferirsi da uno stato all'altro. Il secondo taglio netto col passato riguarda l'esecuzione stessa degli schemi. Prima eravamo costretti a seguire le linee tracciate sul parquet, con i compagni guidati dalla CPU fermi fino al raggiungimento delle posizioni indicate; ora, grazie ad una vera e propria rivoluzione, saremo in grado non solo di spaziare maggiormente sul campo (basterà infatti raggiungere una zona cerchiata per far partire la fase successiva) ma avremo, di volta in volta, tante diverse possibilità da esplorare. A seconda della strada intrapresa i compagni reagiranno di conseguenza, mettendosi nuovamente a disposizione con tagli, blocchi e quant'altro, in maniera tale da avere sempre delle valide alternative. Anche ri-utilizzando più volte lo stesso schema, dunque, potremo portare i nostri a canestro in almeno quattro o cinque maniere differenti.
    Avvicinandosi al cesto troviamo infine le novità legate al gioco in post, finalmente tornato all'efficacia di due anni fa. Anzitutto sono state semplificate l'entrata ed il mantenimento della posizione: premendo Y (o TRIANGOLO) il giocatore con la palla si metterà in post rivolgendo le spalle a canestro e manterrà la posizione senza bisogno di prolungare la pressione sul pulsante (come accadeva in passato). Da qui potremo guadagnare spazio spingendo verso il canestro il difensore oppure creare separazione grazie ad alcuni "trucchetti" che Hakeem "The Dream" Olajuwon in persona non mancherà di spiegarci nel già decantato Training Camp. Infine, tra finte e contro-finte, avremo la possibilità d'impegnarci in ganci, conclusioni in fade away, appoggi alto-basso e spin varie che ricorderanno da vicino quanto fatto vedere dal miglior Shaquille O'Neal. Non da sottovalutare, inoltre, la possibilità di muoversi a 360° sul campo, anche mantenendosi in post.
    Il quadro di una simulazione davvero fuori dal comune si chiude con il comportamento ai limiti del maniacale della CPU, anch'essa molto attiva nel prodursi in schemi e nel variare come non mai il gioco. L'unico elemento "negativo", insomma, è la curva di apprendimento che, se possibile, vede un'ulteriore aumento della sua oramai conosciuta ripidità. Giocare senza conoscere almeno un paio di schemi, senza sfruttare i blocchi e senza conoscere gli interpreti è sostanzialmente impossibile, a meno che non si opti per settare a livelli minimi il livello di difficoltà o per modificare le sliders in maniera da rendere meno competitiva la CPU.

    Atmosfera

    Dal punto di vista tecnico NBA 2K12 raggiunge l'apice nella lunga carriera di questo oramai storico brand. Ben quattrocento volti sono stati rifatti da zero ed ora, grazie ad una modellazione poligonale esemplare, la gran parte degli atleti presenta caratteristiche quasi perfettamente in linea con la controparte reale. Quelli che ancora non somigliano, tuttavia, risultano abbastanza anonimi e per nulla credibili. Fortuna vuole che, scesi sul parquet, un comparto animazioni stratosferico mitighi qualsiasi problematica, rendendo a dir poco incredibile ogni azione messa in atto attraverso il pad. Sotto questo punto di vista sono stati fatti passi da gigante -come si diceva- anche per quel che concerne le animazioni sui contatti, rese quest'anno in maniera davvero sublime. A margine (ma nemmeno poi tanto) una texturizzazione di classe ed un "contorno" fatto della partecipazione totale del pubblico (che a seconda dell'arena e della partita cambierà atteggiamento), di svariate presentazioni in stile televisivo inserite in ogni modalità e di tutti quei micro-dettagli che solo Visual Concept sa inserire.
    A livello sonoro l'eccellenza è abbondantemente di casa e, se per quel che riguarda la grafica qualche appunto -come abbiamo visto- si può ancora fare, qui la perfezione risulta pressoché assoluta. Dal commento, agli speaker differenti per ogni arena sino ad arrivare all'assordante pubblico ed agli stacchetti musicali ad ogni intervallo o timeout, tutto è implementato a regola d'arte.

    NBA 2k12 NBA 2k12Versione Analizzata Xbox 360Siamo probabilmente di fronte, e non abbiamo timore a dirlo, alla più ricca e completa simulazione sportiva di sempre. L’offerta ludica di NBA 2K12 spazza via tutto quel che si è visto sinora, introducendo sfide dedicate a tantissime franchigie del passato ed accompagnandole dall’atmosfera e dalle sensazione dell’epoca; il gameplay è stato rivoluzionato aldilà di ogni immaginazione e permette giocate impensabili sino all’altro ieri. Infine il comparto tecnico: un mix di forza bruta ed attenzione per ogni dettaglio che, seppur non impeccabile in tutto e per tutto, setta di anno in anno nuovi standard irraggiungibili per chiunque altro. Semplicemente da avere!

    9.5

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