Recensione Super Meat Boy

Il miglior platform bidimensionale di questa Generazione? Recensito l'XBLA più chiacchierato del momento

Recensione Super Meat Boy
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PSVita
  • Pc
  • PS4
  • Switch
  • Non ci stancheremo mai di ripeterlo: la scena Indie ci salverà tutti. Tra l’ennesimo seguito di uno sparatutto ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, copie più o meno raffazzonate dei primi giochi motion sensing e la solita overdose di sportivi, l’innovazione si nasconde sempre più spesso nei meandri più nascosti della rete, dove si respira ancora quell’aria piena di ambizione e follia che animava gli anni eroici del game developing.
    Su quei server, che oggi hanno preso il posto dei floppy disk pirata degli anni ’80, nascono e si sviluppano perle assolutamente imperdibili che, grazie ai miracoli del Digital Delivery, sono sempre più facili da scovare e apprezzare.

    Di carne e sangue

    Il Team Meat, per esempio, si compone solo di due programmatori - grafici - designer - tuttofare, Edmund mcMillen, già fra i creatori del premiatissimo Braid, e Tommy Refenes, trentenne esordiente con all’attivo alcune piccole hit per iOS. Tuttavia è riuscito nell’impresa difficilissima di creare, alle soglie del 2011, uno dei platform bidimensionali più affascinanti, complessi, impegnativi e riusciti degli ultimi dieci anni, resuscitando un genere che addirittura Nintendo sembra aver definitivamente sepolto. Super Meat Boy altro non è che Super Mario in acido, un delirio di game design che sublima vent’anni di salti e piattaforme in un susseguirsi di livelli sempre più difficili, dove mcMillen porta alle estreme conseguenze la lezione di Miyamoto. Giocando a Super Meat Boy desidererete come non mai lanciare il Pad contro il vostro televisore, arriverete ad odiare compulsivamente quel maledetto pixel in meno che vi ha fatti cadere verso una morte certa, bestemmierete tutte le divinità videoludiche, calcolerete al millimetro ogni singolo salto e, in ogni caso, sbaglierete. Ma sarete felici. Il gioco è un enorme omaggio a tutto quello che ha fatto grande il gaming fra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, dalle chicce nascoste dedicate a Mario, Sonic, Zelda e altri classici, fino a uno stile grafico in Pixel Art perfettamente ispirato che coniuga il gusto (colto) per la citazione alla scena Indie moderna.

    Parlando del gioco vero e proprio, ci troviamo davanti alla più classica delle trame (se così possiamo chiamarla): il malvagissimo dottor Fetus ha rapito Bandage Girl, la fidanzata del nostro eroe e, naturalmente, nei panni di Meat Boy, toccherà a noi salvarla. Per farlo dovremo attraversare oltre 350 livelli pieni di trappole, dai classici salti nel vuoto alle seghe circolari, fino a degli strani blob che risalgono dal fondo del livello e, in breve tempo, risucchiano tutte le piattaforme d’appoggio. Ogni schema, inoltre, prevede una modalità Time Attack che, al suo completamento sblocca un’altra versione (ancora più difficile) dello stesso stage, aumentando esponenzialmente la longevità. Come se non bastasse il Team Meat ha chiesto ad alcune star della scena Indie di realizzare dei livelli ad hoc, inseriti in Super Meat Boy come bonus sbloccabili una volta raggiunte determinate warp zone. In questi schemi “extra” impersoneremo alcuni fra i personaggi più famosi nel mondo Arcade, come Commander Video di Bit Trip, l’Alieno di Alien Hominid e tanti altri, tutti con poteri particolari che, una volta sbloccati potranno essere usati nell’avventura principale tramite una schermata di selezione in tutto e per tutto simile a quella del mitico Super Mario Bros. 2 per NES.
    Come dicevamo nel paragrafo precedente, Super Meat Boy è un gioco senza pietà, non perdona neppure la più piccola distrazione e pretende una dedizione quasi sconfinata, quella che scatta quando il cervello del videogiocatore - sapiens attiva la modalità dell’”ancora una partita poi smetto”. Ecco, a questo punto, e solo a questo punto, Super Meat Boy sfoggia tutte le sue qualità, dopo aver visto la nostra piccola palla di carne maciullarsi per la cinquecentesima volta contro la stessa sega circolare, riuscire a superare il dannato livello da una sensazione di compiacimento e orgoglio quasi da delirio di onnipotenza.
    Con un misto di ironia e malignità, inoltre, gli sviluppatori hanno pensato bene di inserire, al completamento di ogni livello un replay mode che mostra, contemporaneamente, tutti i nostri tentativi; così, mentre assistiamo alla moria di Meat BoyZ, il nostro ego videoludico viene pompato ancora di più, trasformando il gioco in una pericolosissima droga, capace di assimilare fin troppe ore.

    Graficamente

    Tecnicamente Super Meat Boy sfoggia una grafica bidimensionale (in HD) assolutamente perfetta, chiara e pulita. Con il suo tratto stilizzato, molto simile a quel World Manga che pare essere il nuovo stile dominante nei comics mondiali, il gioco trasuda personalità da ogni pixel. Stesso discorso per le musiche, a tratti simili a quelle classiche alla Koji Kondo, altre volte frutto di pezzi Metal remixati a 8 - bit con risultati stupefacenti.

    L’unico difetto (se così vogliamo chiamarlo) di Super Meat Boy è proprio questo, il suo essere un gioco di nicchia in maniera talmente sfrontata da apparire quasi arrogante per i giocatori meno scafati. Questi, cresciuti molto dopo l’era dorata dei platform, considereranno la produzione del Team Meat come un esercizio di stile fine a se stesso, frustrante e poco user friendly, dato che si rifiuta di fare anche il più piccolo sconto alle logiche del gaming moderno. Alcuni lo odieranno per questo, noi l’abbiamo amato alla follia.

    Super Meat Boy Super Meat BoyVersione Analizzata Xbox 360Vi ricordate i calli che venivano nel tenere in mano il pad del NES? Avete mai lanciato un joystick contro il muro per la rabbia? Super Mario Bros. The Lost Levels è stato uno dei vostri titoli preferiti? Se la risposta a tutte queste domande è si, allora fatevi un favore, mettete per qualche giorno da parte l’ultimo titolone powered by Unreal Engine 3, e giocate Super Meat Boy. Sarà come tuffarsi nello scatolone dei ricordi, verso un’epoca in cui eravamo tutti più smaliziati, ingenui e combattivi, dove la mancanza totale di una curva di difficoltà era un pregio e non un difetto, dove il salto perfetto era un culto, non un fastidio. Dove i videogiochi erano Videogiochi.

    9.5

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